mercoledì 18 luglio 2012

Costruiamo politiche alternative all’Europa neoliberista e al montismo

Alleanza Lavoro Beni Comune Ambiente (Alba)

Documenti  discussi all'assembla programmatica di Parma

Costruiamo politiche alternative all’Europa neoliberista e al montismo

Per un’Europa delle Donne, degli Uomini e dei Popoli

Premessa

l nostro appuntamento si svolge a poche ore dalla fine del vertice dei capi di stato e di
governo europei a Bruxelles e dall'approvazione degli atti devastanti (ddl Fornero e non solo)
che la comunità internazionale, ci dicono, pretende.
Per questo non si può non partire nella discussione ai tavoli che dal tema di “quale Europa
vogliamo”, a partire dai contributi pubblicati e dai documenti prodotti dai Nodi di ALBA.
Siamo anche a pochi giorni dal fallimento della conferenza Rio+20.
Vogliamo costruire un paradigma alternativo a livello Europeo
“Le tre parole chiave del nostro programma (lavoro, beni comuni e ambiente) possono
essere connesse tra loro in processi reali che insieme concorrono a costruire una
prospettiva alternativa alla globalizzazione liberista. Ma per renderle concrete occorre
collocarle all’interno del quadro delineato dalla crisi ambientale ed economica che sta
investendo l’intero pianeta e, in particolare, di quella istituzionale e del debito che in questa
fase colpisce soprattutto l’Europa. Abbiamo la necessità di pensare un paradigma
alternativo a quello che domina oggi in modo totalitario – con il “totalitarismo finanziario” che
caratterizza l’epoca - l’orizzonte europeo. Non l’alternativa triviale tra stare dentro o uscire
dall’Europa – che è il modo con cui i nuovi totalitari ci impongono la loro immagine del
mondo come l’unica concepibile – ma in “quale Europa” vogliamo stare. In questa situazione
la dialettica austerità - crescita è illusoria perché sia la stretta che la cosiddetta crescita si
nutrono dei medesimi elementi e cioè la destrutturazione del lavoro come soggetto e la
privatizzazione totale del grande accumulo pubblico che c'è in Europa.”
Punto 1 - Vogliamo rompere con la logica dei Memorandum, effettivi o minacciati.
Smontare il pensiero unico che ha trasformato la crisi della finanza in crisi del debito
degli Stati
Molti atti sono in corso per rafforzare l’attuale Europa dominata dalle esigenze della finanza:
pareggio di bilancio in costituzione (modifica art.81), Fiscal Compact (portare la % Pil in 20
anni al 60% (trattato di Maastricht), ratifica del trattato del MES (Meccanismo Europeo di
Stabilità), il nascente direttorio finanziario europeo che cancellerà ogni traccia residua di
sovranità politica nazionale e condannerà gli Stati aderenti a un indebitamento forzoso
senza limiti.
La crisi finanziaria che sta squassando l’Europa e mettendo in forse l’intero edificio
dell’Unione Europea è la conseguenza più o meno diretta dell’abdicazione degli Stati
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membri dalle responsabilità e dagli oneri del governo dell’economia, a favore dei cosiddetti
“mercati”, cioè della finanza internazionale: un pugno di grandi banche, di assicurazioni,
fondi speculativi e “fondi sovrani” di Stati con forti attivi nella bilancia dei pagamenti. Questa
traslazione dei poteri, che ha avuto la sua prima manifestazione nell’indipendenza delle
banche centrali dal controllo dei governi, ha le sue basi nei meccanismi che presiedono alla
globalizzazione dell’economia; ma è al tempo stesso il frutto di un calcolo politico miope,
che mirava a porre una argine alle rivendicazioni salariali delle classi lavoratrici e
all’espansione degli istituti del welfare e della conseguente spesa pubblica, sottraendo
queste dinamiche alla decisione politica per rimetterle nelle mani di un meccanismo
anonimo e imperscrutabile.
La politica al momento è totalmente subalterna ai potentati economici. Le strategie di
contenimento del debito e di austerity applicate in Europa sono molto simili a quelle
che il FMI applicò nei paesi del Sudamerica dopo la crisi petrolifera del ’73, con
risultati disastrosi. In merito al metodo decisionale, il Parlamento Europeo non ha
ora potere di proporre un disegno di legge, ma solo di co-decidere su disegni di
legge proposte dalla Commissione e dal Consiglio, organi formati dai delegati dei
vari partiti nazionali.
In Italia il concetto di Europa è stato utilizzato dalle parti politiche in senso neutro,
nel senso dello sposare tesi nate in blocchi contrapposti a livello internazionale. Tale
prassi è continuata negli ultimi decenni con l’affidamento di cariche di livello
europeo a personalità che slittavano facilmente dalla sfera della politica a quello
della tecnica.
I
l modello sociale di welfare europeo mostra tutti i suoi limiti nel momento in cui
manca una unione politica a livello continentale. Questo ha provocato e continua a
provocare disuguaglianze e disparità a livello lavorativo. In tal senso è importante
che ALBA si faccia portatrice di istanze rilevanti quali elezione paneuropea del
Parlamento attraverso la presentazione di liste continentali e non più su base
nazionale, riassetto istituzionale in chiave federale democratica (Confederazione di
Stati), ruolo attivo della Commissione europea anche sul piano sociale e non solo
economico-finanziario, cittadinanza attiva europea, nella direzione di una nuova
Costituzione europea, sintesi delle parti migliori delle Costituzioni dei paesi europei,
e che abbia al centro un demos sociale e non più economico.
La nuova Europa dovrà rivedere le proprie politiche sulla scena internazionale su
temi quali migrazioni, forze ed azioni militari, commercio, cultura e ambiente,
perseguendo il fine di una identità europea delle donne, degli uomini e dei popoli,
improntata alla mitezza, all’accoglienza, alla non violenza, alla pace come “bene
comune”, al rispetto e alla salvaguardia delle diversità, della natura, della vita. La
nuova Europa dovrà agire come una forza unitaria credibile e ferma sullo scenario
internazionale evitando lacerazioni interne o subalternità ad organismi internazionali
terzi, rinunciando a politiche neo-colonialiste, adottando un modello di difesa unico,
imperniato su valori di pace, svincolato dalla Nato.
Pensiamo che questi punti possano essere alla base della nostra azione:
· Vogliamo costruire un modello sociale europeo avanzato fondato su una
relazione nuova tra giustizia e sostenibilità, su una nuova definizione dei diritti
sociali da affermare attraverso metodi partecipativi per la loro definizione e
gestione, un modello estraneo a logiche di mercato e vincoli finanziari; è
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necessario superare l’attuale Unione Europea, controllata delle elite
economico-finanziarie, e perseguire un equilibrio tra una visione europeista, di
un’Europa dei popoli, e una visione internazionalista, aperta al rapporto con
altri popoli a cominciare da quelli del Mediterraneo, un’Europa che interagisca
sulla base di principi di cooperazione e non di competizione. Lo scenario
globale evidenzia che il modello capitalistico della crescita infinita del prodotto
interno lordo e della produzione illimitata di merci è entrato in crisi irreversibile
di compatibilità con l’equilibrio ecologico del pianeta e con la stessa
sopravvivenza della specie umana. Pertanto il modello sociale europeo va
ridefinito all’interno di una più ampia riprogettazione del sistema
socio-economico e di una revisione dei modelli culturali, con l’obiettivo di
realizzare una società dall’economia ecologicamente compatibile e tesa al
miglioramento reale e generalizzato della qualità della vita.
· La coesione europea deve ripartire dalle donne e dagli uomini, dai loro territori e
dai loro beni comuni, e dai loro specifici diritti di cittadinanza, per il rilancio di
un’Europa basata sul lavoro, sulla solidarietà e sulla giustizia ambientale e
sociale. Appare fondamentale ripartire dai territori, integrando la diffusione del
potere decisionale alle diverse scale territoriali, salvaguardando le sovranità
nazionali, assicurando la partecipazione popolare sia nelle scelte politiche che
nelle azioni di governo economico-fiscale.
· Vogliamo rompere con la logica dei Memorandum, effettivi o minacciati,
trasformare l’attuale modo di produzione la cui finanziarizzazione ha generato
l’attuale crisi sistemica, smontare il pensiero unico capitalistico-patriarcale che
ha trasformato la crisi della finanza in crisi del debito degli stati e organizzare una
iniziativa incisiva contro il Meccanismo Europeo di Stabilità. Occorre perseguire
una politica di controllo delle banche in alternativa alla subalternità attuale,
assumendo indirizzi nuovi come il controllo pubblico per le banche salvate con
fondi pubblici, la separazione delle banche commerciali da quelle di investimento,
il sostegno alle Banche Etiche e di credito cooperativo.
· Occorre agire nella prospettiva della costruzione sociale e politica di una
Unione Euro-Mediterranea, in grado di confrontarsi con i colossi dell'economia
mondiale, dando ad ALBA un ruolo di soggetto politico transnazionale.
· Occorre promuovere forme di partecipazione attiva dei cittadini, attivando a
scala europea forme di mobilitazione con altri soggetti e movimenti, iniziative
anche a livello istituzionale, su questioni come salari e cittadinanza europea,
reddito di cittadinanza e reddito massimo, riforma del welfare, difesa,
omogeneizzazione ed estensione dei diritti dei lavoratori come nel caso
dell’art.18, nuovi paradigmi nei sistemi formativi, passando dalla conoscenza
alle competenze.
Domande e spunti
Quali azioni possiamo mettere in campo sia a livello italiano che a livello europeo, anche allo
scopo di costruire alleanze e lotte sempre più ampie?
1) Lotta contro le privatizzazioni dei servizi fondamentali e dei beni primari,
cercando convergenze con altri movimenti a scala europea e partendo dai
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territori;
2) Reimmaginare la struttura del potere, i termini della rappresentanza e le
modalità di gestione della cosa pubblica;
3) Iniziative di comunicazione, informazione e cultura; ad esempio manifestazioni
articolate di vari/di tutti i nodi territoriali per rivendicare il voto referendarie,
promozione di un sentimento europeista, anche attraverso forme di
divulgazione delle culture d’Europa, promozione di politiche di riconversione
in senso ecologico delle infrastrutture produttive (Green New Deal),
ridefinizione di una cultura politica e sua divulgazione in seno alla società,
campagne informative, di denuncia e di lotta a livello europeo contro i poteri
finanziari e le banche, coinvolgimento degli intellettuali chiedendone
un'esposizione diretta e concreta, attivazione di un Tribunale Europeo dei
popoli che renda visibili fenomeni nascosti dai media quali le ragioni della
formazione del debito degli Stati, gli errori e le bolle finanziarie delle banche, le
azioni repressive di stampo militare contro le popolazioni come nel caso del
G8 di Genova;
4) Sessione formativa di ALBA su reddito-salario e cittadinanza; non ci sono
distinzioni tra soggetti economici che lavorano, occorre tenere in mente sia il
salario che il reddito minimo di cittadinanza, ripensare alla cittadinanza
slegata dal possesso di un lavoro e non considerare un diritto (lavoro) come
un privilegio;
5) Promozione di azioni volte a sostenere un audit sul debito pubblico, istituire
vincolanti certificazioni europee sociali e ambientali per i prodotti, far adottare
politiche fiscali per incentivare la “buona economia” e scoraggiare quella
speculativa.
In quale maniera si crea una proposta che possa coinvolgere i paesi dell’Europa del Sud e
più in generale un nuovo quadro europeo?
1) Organizzare un meeting nazionale sul tema "Europa e Mediterraneo";
2) Creare legami di solidarietà tra paesi della comunità;
3) Rivedere le politiche di immigrazione tra gli stati membri.
Punto 2 - L’euro, il debito, la Bce, tagliare le ali alla finanza e alla speculazione
Preambolo
I
l processo di spoliazione dei poteri sovrani ha avuto nella creazione dell’euro la sua
espressione più compiuta e sta trascinando l’intero continente non in direzione di una
crescente integrazione politica attraverso la crescita di una partecipazione democratica alla
governance dell’Unione europea, ma alla sua disgregazione, travolgendo nella sua
dissoluzione occupazione, redditi e diritti del lavoro, condizioni di vita e persino di
sussistenza di interi popoli. Tutti abbiamo presente il falsificante messaggio dai media
italiani nelle ultime ore di campagna elettorale greca (hanno detto che l’alternativa era tra
l’Euro e la dracma).
Cosa vogliamo?
Vogliamo discutere dell’euro, che così non funziona, non dell’alternativa ingannevole tra la
difesa dell’euro e il ritorno alla lira, ma al contrario in quale moneta europea stare, come
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renderla compatibile con la difesa del sistema di garanzie sociali congruenti con un’idea
accettabile di “società giusta”, come ripensarla, dal momento che “questo euro” (che non è
l’unico euro concepibile) non funziona.
· Ristrutturazione del debito, che colpisca i protagonisti della speculazione
(l’haircut per le banche private, il taglio degli interessi usurai ottenuti),
rinegoziandone le forme di pagamento a valle di un audit articolato; attivazone di
un Fondo di redenzione per i debiti del passato superiori al 60% finanziato con la
tassazione delle transazioni finanziarie (TTF) e/o gli eurobonds;
· Politica di controllo delle banche, assumendo indirizzi nuovi come il controllo
pubblico per le banche salvate con fondi pubblici, la separazione delle banche
commerciali da quelle di investimento, il sostegno alle Banche Etiche e di credito
cooperativo, la trasformazione della Banca Centrale Europea in prestatore di
ultima istanza dell’Unione (dandole i poteri necessari per far fronte alle manovre
della speculazione finanziaria, ma sottoposta ad un controllo e un indirizzo
politico da parte del Parlamento Europeo), tassazione delle transazioni
finanziarie ed interventi di repressione dei meccanismi speculativi;
· Affermazione di principi di solidarietà e mutualità tra i paesi europei rispetto al
debito;
· Promozione di pratiche virtuose quali la creazione di monete locali, non
convertibili e con una circolazione parallela a quella della valuta ufficiale, per
sostenere le attività economiche e sociali di prossimità, ma anche la
riconversione ecologica dei territori e il sostegno alla ripresa delle imprese sane
ma in crisi. Si tratta di attribuire funzione e valore sociale alla moneta
(intermediario negli scambi), riducendone il suo uso come “capitale” e quindi
come strumento di dominio ed accumulazione di potere.
P
unto 3 - Emergenza democratica: proposte sul Parlamento europeo
Preambolo
I
n un quadro generale di soppressione della sovranità popolare e della possibilità di
decidere, esiste un aspetto anche formale che riguarda il Parlamento europeo su cui
proponiamo di aprire un confronto.
Le istituzioni europee, anche quelle di rappresentanza come il Parlamento, sono prive di
due requisiti fondamentali come la loro elezione su base europea e non nazionale e
l'attribuzione del potere cardine di un parlamento e cioè quello legislativo. Interviene cioè
una rottura con lo stesso principio liberale del "no taxation without representation" e infatti si
sta ora pensando di procedere, dopo l'integrazione monetaria, a quella bancaria e fiscale
non prevedendo né politica economica né mandato da parte della rappresentanza.
Confrontiamoci su questi spunti e proposte:
La creazione di un Parlamento europeo, eletto con base europea, e con l’attribuzione del
potere legislativo può essere una proposta forte da avanzare?
S
i, purchè in chiave federale e accompagnato da altre misure di riorganizzazione
istituzionale quali una “Costituzione europea” e forme di partecipazione attive della
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cittadinanza; un Parlamento Europeo democraticamente eletto, tenendo ferma
l'esigenza di radicare nel territorio l'attività di decisione.
Che rischi comporta questa scelta, in termini di sovranità??
La costruzione dei soggetti democratici è imprescindibile. Richiede un lavoro permanente di
formazione di coalizioni che permettano di far vivere quel demos europeo che altrimenti non
esiste. Vanno in questa direzione anche le ICE, iniziative dei cittadini europei (stanno per
partire quella sui BENI COMUNI e reddito di cittadinanza).
Allegati. Altre idee da sviluppare emerse dai tavoli
All.1 – debito, deficit e politiche economiche
Il problema del debito è reale o pretestuoso? Potrebbe apparire un’invenzione dei
mercati, dei governi. Uno dei problemi sta nell’informazione che deve diventare più
comprensibile, il primo passo è comunicare che cos’è il debito per capire che cosa
possiamo e vogliamo realmente fare.
Facciamo il punto sul debito pubblico: per qualcuno non esiste dal punto di vista
teorico, esiste quello privato ma quello degli Stati è diverso prima di tutto perchè i
creditori sono i singoli cittadini. Il debito pubblico italiano è detenuto al 65% in Italia
ed il 35% all’estero (dato positivo perché possiamo disporre del nostro debito).
Normalmente dal debito si rientra tramite l’inflazione. Non è vero che abbiamo avuto
un welfare che non potevamo permetterci, infatti dal 1985 la spesa pubblica è stata
abbastanza virtuosa e legata sempre al tasso di interesse. Quindi il debito pubblico
non è nato per “follia”, ma per crescita del tasso di interesse.
E’ il caso di lottare contro la modifica dell’art. 81( l’obbligo del pareggio di bilancio)?
La gente non sa che è stata fatta la modifica, ma anche quelli che lo sanno non lo
trovano sbagliato (“che male c’è”?). In Italia c’è poca cultura economica e
l’informazione magari c’è, ma pochi la capiscono. In questo senso “welfare” sembra
qualcosa di “lusso” che ci permettiamo nei momenti buoni, invece è alla base della
democrazia. Il punto è che l’economia è una scienza e come tale va approcciata.
Che il debito non sia qualcosa di perverso in economia siamo d’accordo, ma non è
detto che qualsiasi livello di debito sia corretto, se esiste un livello massimo di
debito (oltre al quale si ha una situazione patologica) allora dobbiamo affrontare per
esempio il tema dei tagli agli sprechi, soprattutto in Italia.
La proposta di scorporare le banche di investimento da quelle commerciali, può
essere valida? Anche la pubblica amministrazione si approvvigiona sul mercato
(problema dei derivati), il che peggiora la situazione.
Proposta di lotta decisa allo spreco. La spesa pubblica italiana forse non è eccessiva
ma sperperata il che fa differenza. Viene fatto uno stanziamento? Vediamo la sua
tracciabilità! Imponiamo questo a tutte le spese degli enti pubblici (tutti dal piccolo
comune al grande ministero), c’è una legge che dice che ci vuole un codice per ogni
titolo di spesa ma questo non avviene sempre (facciamola rispettare).
Possiamo aggiungere che i sacrifici devono farli tutti perché noi singolarmente ci
stiamo ma per esempio mettere un tetto alle pensioni d’oro (ed anche ai redditi d’oro
pubblici).
I welfare degli altri Paesi funzionano, mentre in Europa gli Stati che non hanno un
salario paracadute per chi perde il lavoro sono Ungheria, Italia e Grecia. In Italia non
siamo difesi dallo stato se succede qualcosa, quindi il denaro pubblico è stato
sperperato. Entrare in Europa sembrava confrontarci con politiche da cui prendere
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spunto per affrontare il problema. Dovremmo spostare il focus dal debito al deficit
(pareggio di bilancio), e chiedersi se è giusto o no fare deficit, perché solo così
parliamo di sviluppo o no. Fare deficit è opportuno per finanziare la crescita, se
accettiamo una logica monetarista diciamo che non si può fare deficit e quindi
andiamo in crash. E’ importante chiarire che è un dogma monetarista e non una
legge economica, quindi successivamente lo possiamo affrontare contrastandolo.
Sia a livello nazionale che locale (patto di stabilità). Sui prestiti statali alle aziende,
non diamoli in denaro ma in esenzione fiscale (cioè legata alla produzione)
scadenzato negli anni
Che collegamento c’è tra l’Europa che vogliamo ed il resto del mondo? In un
movimento politico nuovo sarebbe opportuno affrontare anche il problema dei
rapporti tra Paesi che soffrono la fame ed altri che si son permessi di sprecare. Non
corriamo il rischio di difendere egoisticamente il nostro interesse dimenticandoci di
raccordarci con il resto del mondo? Non perdiamo questo punto di vista. Il welfare si
è finanziato con lo sviluppo diseguale del mondo (la Cina e lo sfruttamento dei
lavoratori). Noi non siamo più competitivi e quindi ci stiamo muovendo verso il loro
modello e non viceversa. La globalizzazione in questo senso ci crea problemi
oggettivi
Se noi eliminiamo alla moneta la possibilità di essere cumulabile e la usiamo solo per
lo scambio materiale, otteniamo che non è più essa stessa materiale di scambio (cioè
capitale). Così interrompiamo il meccanismo della speculazione. L’idea di mettere
tante monete locali non è chiara ai più del tavolo 3 e a primo acchito non è condivisa.
Qual è l’utilità? Pare in contrasto con la logica di globalizzazione dei mercati.
Partiamo da questa osservazione: la ristrutturazione del debito è un’ipotesi
praticabile. La trasformazione della BCE la stiamo chiedendo in tanti Paesi.
Solidarietà e mutualità sono implicite nel sistema europeo.
La BCE non è prestatore di ultima istanza e non batte moneta (aspetti essenziali che
andrebbero attuati, ci vorrebbe un Ministero del tesoro europeo e un Ministero
dell’economia europeo che risponda politicamente); manca comunque un’autorità
politica che presieda a queste attività; o si crea un’Europa politica o con la sola
Europa economica continueremo a vivere nella dittatura dei mercati che guidano le
scelte politiche, invece che ottenere il contrario. Le banche non fanno altro che
perseguire i propri interessi che non c’entrano con quelli collettivi perché questi
interessi non coincidono tra loro (in Inghilterra quando hanno dato aiuti alle banche,
sono entrati nei consigli di amministrazione). Non è possibile che una banca abbia
responsabilità solo nei confronti dei suoi azionisti perché la funzione delle banche è
essenzialmente sociale, ma questa funzione non viene perseguita.
Non è un caso che il problema del debito pubblico sia emerso dopo la crisi
finanziaria. Esiste un problema dell’informazione, perché queste persone hanno
nome e cognome e sono le stesse persone che hanno messo Monti dove sta adesso.
Se è vero che a livello europeo non esiste un’autorità su questi elementi, non
nascondiamoci comunque che le decisioni economiche spesso sono prese
comunque da autorità politiche: oltre al problema democratico dell’Europa c’è un
secondo problema perché potremmo rischiare di avere un governo europeo eletto
che segue logiche e scelte di destra, la destra avrebbe un’egemonia culturale che
non farebbe che lavorare con le stesse logiche dei mercati. Nel gioco politico è insito
questo rischio ed essendoci molti governi europei di destra il rischio è certamente
alto. Fa parte del gioco. Questa consapevolezza nasce nei Paesi quando si tocca il
fondo (caso Argentina), quando ci arriveremo è chiaro che il bilancio politico
cambierà (vedi lotta TAV in Piemonte che ha chiarito le idee a molte persone).
Problema della tassazione alle rendite finanziarie: non è passato anche questa volta
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nel vertice. Le transazioni finanziarie internazionali andrebbero tassate.
Altro punto è creare un’agenzia di rating europea pubblica, perché oggi il giocatore
ed l’arbitro coincidono. Anche se questo potrebbe essere un’arma a doppio taglio
perché corre il rischio di far passare come logiche di oggettività “super partes” ciò
che in realtà non lo è.
Tema della finanza: di per sé non produce nulla ed anche in questo c’è un grosso
deficit di comunicazione. Il concetto stesso di produttività è deviato da questa logica.
All.2 – Note sull’Europa dei popoli
Occorre considerare cittadino europeo chiunque viva e lavori in Europa; vogliamo
una Europa inclusiva rispetto a tutti i migranti, comunitari e non. E’ necessario
superare la “Legge Dublino” (obbligo di richiesta asilo nel Paese di approdo)
permettendo al migrante di raggiungere il luogo dove vuole vivere. Servono leggi che
non spingano all’illegalità e che cerchino invece di includere realmente i migranti
nella politiche lavorative e sociali europee, facendoli diventare realmente cittadini.

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