NODO. ALBA.MELZO/LA MARTESANA
Carissimi,
Ci Troviamo Martedì 5 Giugno dalle ore 21.00 alle ore 23.20 presso la sede di Cittadinanza&Cambiamento a Cassina de Pecchi in Via Leonardo da Vinci 21.
ORDINE DEL GIORNO
1° Dalle ore 21.00 alle ore 22.45
Inizieremo il nostro percorso elaborando nuove regole indirizzate specialmente verso la “forma-partito.( Sono in contatto con Massimo Torelli che ci aiuterà a trovare una persona competente in materia che ci aiuti nella discussione.)
Il primo punto che discuteremo sara; "la mancanza di una legge rigorosa sui partiti mai messa in agenda da 64 anni".
Allego un documento della Associazione Italiana dei costituzionalisti su: "LA DEMOCRAZIA INTERNA NEI PARTITI POLITICI" che potrà darci spunti per la discussione.
2° Dalle ore 22.45 alle ore 23.15
Ci aggiorneremo sulla proposta di Alessandro Patella su: "gestione del territorio e delibera BRE-BE-MI da parte della precedente giunta di Cassina de Pecchi"
3° Dalle ore 23.15 alle ore 23.30.
Leggeremo il verbale dell'incontro e lo condivideremo.
Cordialmente
Luigi Brambillaschi
presidio JABIL NOKIA permanente 24 ore ad oltranza dei 300 lavoratori jabil per controllare che macchinari e materiali non vengano impropriamente esternalizzati e per difendere il posto di lavoro dalla chiusura dello stabilimento di cassina de pecchi . Grazie a tutti coloro che ci stanno sostenendo Il presidio esiste e resiste anche grazie a voi
giovedì 31 maggio 2012
Verbale incontro nodo ALBA Melzo-La Martesana del 18/05/2012
Verbale incontro nodo ALBA Melzo-La Martesana del 18/05/2012
Presenti:
Luigi Brambillaschi, Liliana Pelanda, Francesca Bellettini, Cristina Melideo, Gabriele Tadini, Maria Rosa Veneziano, Alessandro Patella, Pietro Lavalle, Cristian Canzi, Daniele Cassaghi,Gianluca Gullotta.
Si decide che verrà verbalizzato l’incontro intervento per intervento. Verbalizza Alessandro Patella.
Luigi Brambillaschi
E’ meglio ripartire da capo con la discussione, esprimendo le motivazioni che ci hanno portato ad avvicinarci ad ALBA, in quanto rispetto al primo incontro sono cambiate troppe persone. Due persone presenti l’altra volta hanno inviato una lettera di dimissioni da ALBA (legge la lettera, che si allega).
Si avvia il dibattito
Cristina Melideo
Sono venuta a sentire cosa si può fare. Siamo di Cittadinanza & Cambiamento, una lista civica che si è candidata per la tutela del territorio a Cassina de’ Pecchi, in rottura con il vecchio centro-sinistra. Vorrei guardare nel merito degli obiettivi di ALBA e sento l’esigenza di coordinarmi con realtà più larghe rispetto a quella locale.
Gabriele Tadini
Bisogna muoversi su due livelli: il livello nazionale, spero che chi è interessato abbia aderito al manifesto: Il secondo livello è quello dei problemi locali, territoriali, che vanno però riferiti al nazionale.
Maria Rosa Veneziano
Faccio parte sempre di Cittadinanza&Cambiamento, cerchiamo realtà più larghe con cui coordinarci. E’ importante non rimanere isolati come liste civiche. Attualmente non so chi votare nel 2013, so solo chi non votare, c’è bisogno di energie nuove e anche per questo mi interessa ALBA. Solo che c’è poco tempo.
Francesca Bellettini
Vengo da Cittadinanza&Cambiamento. ALBA potrebbe rispondere a due nostri bisogni e siamo qui per capire. Noi, come lista civica, abbiamo lavorato abbastanza, siamo riconosciuti dai partiti, ci “odiano”, ritenendoci anche più forti di quello che siamo; ci definiscono antipolitica, ma noi stiamo facendo politica, intesa come bene comune: democrazia, partecipazione, trasparenza, correttezza sono i nostri valori e sono gli stessi valori riconosciuti nel manifesto di ALBA, quindi ALBA potrebbe rispondere al bisogno di condividere la nostra visione con altri.
Inolte con ALBA possiamo superare l’isolamento che fino ad ora ci ha visto lavorare solo all’interno del nostro territorio per allargare i confini ad altri territori e probabilmente collegarci alla realtà nazionale.In ALBA però vedo anche dei limiti, soprattutto quelli di rimanere una realtà di nicchia per intellettuali.Abbiamo incontrato la Lista Civica Nazionale e forse sarebbe utile un raccordo.
Alessandro Patella
Vengo da Cittadinanza&Cambiamento. Racconto in breve la nostra storia: mentre ero assessore (2004-08) è stato evidente che una parte della giunta aveva intenzione di realizzare piani urbanistici non previsti dal piano regolatore 2003, nè da l programma elettorale. Questi piani avrebbero compromesso molte aree verdi, anche vincolate, tutte su terreni controllati dallo stesso operatore locale.. La lotta per fermare queste intenzioni è stata ostacolata in tutti i modi, fino alle dimissioni mie e di altri due assessori. Abbiamo costituito questa lista nel 2009 e la nostra battaglia si scontra con un enorme muro di omertà. In ALBA cerco la possibilità di far incontrare i nostri obiettivi concreti con una visione politica generale: ho aderito al manifesto, che mi convince pienamente, perchè ciò che noi cittadini possiamo contrapporre alle concentrazioni di capitale sono le reti tra di noi. Queste reti si costituiscono nel lavoro, nella relazione con l’ambiente naturale e le sue risorse e nella costituzione di prafiche e culture che sono tutte beni comuni.
Gabriele Tadini
Manifesto e metodi sono condivisibili, ma gli obiettivi rimangono indeterminati . Ci sono visioni diverse tra i promotori. Io che vengo da Arzago d’Adda ho provato a contattare a Treviglio e Bergamo membri di Rifondazione comunista, c’è molta disillusione per le tante proposte finite nel nulla (girotondi ecc.....)
Luigi Brambillaschi
A Firenze si è molto toccata questa questione, ma qui c’è qualcosa di nuovo, sulla base di regole condivise cercare di creare qualcosa dal basso, che tenga conto anche dell’aspetto umano, sapendosi aiutare ed aspettare reciprocamente
Maria Rosa
Questi movimenti si basano anche su studi di carattere sociologico sulle modalità di realizzare discussioni partecipati
Gabriele Tadini
Il nostro punto di partenza deve essere il referendum del 2011. Ad Arzago d’Adda ero assessore, ma ho preferito uscire per lasciare spazio ad altri, ho sostenuto alle recenti elezioni la lista il cui sindaco è iscritto al PD che ha vinto con il 78,8%. La precedente giunta, con cui questa è in continuità, infatti non ha costruito molto e questa è stata una scelta che ha premiato. La mia intenzione sarebbe quella di lavorare su Treviglio, perchè sarebbe auspicabile che nascesse un nodo nel bergamasco che colmi il percorso Brascia-Milano, i cui territori vivono problemi comuni. Ma per ora da ambo le parti non si muove nulla. Il sindaco di Arzago è stato da me informato dell’esistenza del nostro manifesto.
Pietro Lavalle
Sono di Carugate, sono comunista, sono qui non per il manifesto, perchè tutti i manifesti sono belli, ma sono teorici, io sono qui perchè voglio capire gli obiettivi del movimento, che cosa intende fare.
Mi ha stimolato un articolo di Asor Rosa, che mi ha sollevato punti interrogativi che spero di poter dissipare cammin facendo nel movimento: di fronte al bivio aperto da un problema, siamo noi a dover fare le scelte, così io voglio capire le scelte di ALBA. Il referendum 2011 è stato bellissimo, ma non è stato applicato la democrazia non viene rispettata. Iniziamo il lavoro per cercare di capire dove porta la strada di ALBA.
Liliana Pelanda
Anche io sono di Carugate e anch’io sono comunista, infatti la sinistra comunista ha sempre sostenuto l’idea in cui io mi rispecchio, quella di bene comune. Ho sempre creduto nella politica perchè qualsiasi scelta che noi facciamo ha un risvolto politico e la politica perciò ci appartiene.Ho sempre fatto politica attiva anche se non nei partiti: da studente partecipando alle manifestazioni, da adulta come genitore nella scuola e nelle associazioni. Ho visto sì la crisi ma non della politica, bensì di chi fa politica nelle istituzioni. Sono qui perchè vedo in ALBA la nascita di un movimento dove le persone vogliono fare politica in modo appassionato.
Cristian Canzi
Sono della lista civica Brugherio Futura, sono stato assessore all’ambiente dal 99 al 2004 come indipendente, nel 2004 alle elezioni mi sono presentato come appartenente ad una lista civica di appoggio al sindaco che ha avuto 5 eletti. Subito dopo sono però nate delle incomprensioni perchè il sindaco si aspettava che noi fossimo passivi rispetto alla sua politica, aspettativa sbagliata. Ci siamo opposti in particolare su due obiettivi politici:
-costruzione di un centro Decatlon detto il “parco della forma” dentro al parco delle cave e all’inclusione di Brugherio nella provincia di Monza.
Sul primo punto siamo riusciti, almeno pare, a fermare il progetto, sul secondo abbiamo perso il referendum da noi promosso per uscire dalla provincia di Monza
Dopo il referendum non c’era più nessuna possibilità di rimanere nella stessa coalizione di cui facevamo parte, che aveva invece sostenuto il passaggio alla provincia di Monza.
Alle elezioni del 2009 ci siamo presentati in coalizione con Rifondazione Comunista, io ero il candidato sindaco, abbiamo preso il 3% , e non siamo per poco entrati in Consiglio.
Ha vinto il centro-destra e abbiamo continuato a fare opposizione a questa giunta. Abbiamo rapporti solidi con Rifondazione, SEL; Italia Dei Valori e cerchiamo di portare avanti obiettivi utili alla cittadinanza con tutti al di là delle relazioni personali. AlBA ci interessa per le intenzioni concrete di cambiamento che esprime. Con il movimento cinque stelle non ci troviamo perchè per loro è sospetto tutto quello che ha un èpregresso, inoltre a volte sono superficiali e non si informano.
Daniele Cassaghi
Faccio parte della lista civica Brugherio Futura, Decatlon non è la nostra ossessione abbiamo fatto una battaglia per la scuola e sui grattacieli di 15 piani che dovevano essere costruiti in centro. Abbiamo partecipato a Comitati tra cui quelli referendari del 2011. Vorrei fare un interventi di carattere più teorico. Sento l’esigenza di agire su un doppio livello di visione teorica e obiettivi concreti, cosa per cui questo movimento mi sembra un’ottima sintesi. Il governo nazionale si muove su presupposti teorici impliciti, precisi, cosa che la gente recepisce dall’altra parte il nostro manifesto fornisce presupposti teorici chiaramente alternativi che traspaiono nei temi fondamentali espressi dal nostro acronimo (A-lleanza/L-avoro/B-enicomuni/ A-mbiente), che riescono bene a coniugare obiettivi generali e concreti.
Luigi Brambillaschi
Sono referente temporaneo di ALBA. Diverse realtà del territorio hanno problemi e valori simili. Anche per metterle insieme ho aderito ad ALBA. Ho espresso le ragioni della mia adesione in modo compiuto nel documento “Come in fabbrica, così sul territorio”. (che si allega).Faccio parte del presidio Jabill, c’è una stretta sul lavoro nel nostro territorio che si percepisce nei 950 esuberi di Nokia-Siemens e Jabill, e nel precariato diffuso. Nessun sindaco se ne accorge, e questo è grave perchè il Comune è il primo bene comune. Melzo ha una giunta guidata da una lista civica che tuttavia è di ispirazione vicina al centro-destra. Tutto qui è fermo da anni anche per responsabilità del PD, che semplicemente mantiene aperta la sezione. Insieme con il predidio Jabillsvolgeremo sul territorio dopo anni, un’iniziativa su lavoro e precariato, con la partecipazione della sociologa Cavalli. La data è da stabilire. Il nuovo spirito che avverto in ALBA, l’ho percepito nello spettacolo teatrale sul lavoro svolto a Carugate coi ragazzi delle scuole medie.Importante è il rapporto umano tra di noi, che deve rappresentare un aiuto per facilitare la crescita delle persone che possono relazionarsi senza aggressività.
Dovevo diventare segretario cittadino di SEL la settimana prossima, ma ci rinuncerò.
Gianluca Gullotta
Sono di Cernusco sul Naviglio. Il mio interesse sui temi fondamentali di ALBA è nato quando mi sono laureato sui Beni comuni, che allora erano ancora chiamati Commons. A Genova nel 2001 ho incontrato persone informate sul tema, cosa che mi ha molto emozionato. ALBA su questo sembra una possibilità. Ho fatto poca politica ma questo mi sembra un buon momento per iniziare. Quella dei beni comuni mi sembra un’ottima leva per pensare cose nuove, perchè ha un’ottima capacità aggregante, ci pone in un’ottica diversa sulla questione stato-mercato. Mi piace la discussione nascente sul dove prendere le decisioni: orizzontale invece che verticale. Possiamo riflettere sulla gestione della forma del conflitto perchè è probabile che emergano altri livelli di conflittualità rispetto a quelli locali esaminati questa sera, anche più difficili, e sui quali sarà necessario assumersi responsabilità. Occorre uscire dalla visione duale, puntando su un conflitto asimmetrico e non frontale.Ciò può dar vita ad una nuova creatività. Bisogna assumersi la responsabilità di un passaggio storico-epocale: ci mancano le parole per dire le cose, e occorre trovarle. All’incontro di Milano è stato un bene che ci fosse un poco di confusione la gente aveva voglia di parlare
Stasera ho sentito interventi interessanti, calati nel concreto che mi fanno sperare nella possibilità di creare nuove reti sul territorio.
Chiusa la prima parte della discussione si passa all’elezione di un referente stabile per il nodo Melzo-la Martesana: viene eletto all’unanimità Luigi Brambillaschi:
Brambillaschi legge le proposte racchiuse in cinque punti su quali regole debba avere un soggetto politico (doc. allegato). Propone di partire dal prossimo incontro su questa discussione: elaboreremo nuove regole indirizzate specialmente verso la “forma-partito” vigente in Italia, che genera un rapporto patologico con le istituzioni dello Stato, impedendo a quest’ ultime di funzionare adeguatamente. In particolare ci concentreremo sulle patologie strutturali che caratterizzano il nostro sistema, studiando percorsi nuovi e proponendo riforme tanto coraggiosequanto necessarie sui temi di “chiarezza e trasparenza” nello svolgimento dell’attivita’ politica. Tratteremo come primo punto:" la mancanza di una legge rigorosa sui partiti mai messa in agenda da 64 anni".
A questo stesso punto, che corrisponde al primo dei cinque punti letti da Brambillaschi, punto Bellettini propone di integrare il tema delle “relazioni con l’elettorato”. La proposta è accolta, e quindi si partirà alla prossima riunione dai temi avanzati da Brabmbillaschi, con l’integrazione di Bellettini.
Patella propone di svolgere degli incontri sulle tematiche della gestione e della tutela del territorio e del confronto tra le diverse nostre esperienze.
Si fissano pertanto le date dei prossimi incontri:
-5 giugno, dalle ore 21,00 fino a 23.30, a Cassina de’ Pecchi presso la sede in cui è ospitata Cittadinanza&Cambiamento con ordine del giorno: i 5 punti proposti da Brambillaschi, a partire dal primo
12 giugno dalle ore 21,00 fino alle 23.30, a Cassina de’ Pecchi, con ordine del giorno: gestione del territorio e delibera BRE-BE-MI da parte della precedente giunta di Cassina.
Patella riferisce dell’incontro di coordinamento avvenuto a Roma il 12 maggio, vedi allegato.
La riunione si chiude a mezzanotte circa.
Il referente: L. Brambillaschi
Segretario per questo verbale: A. Patella
lunedì 28 maggio 2012
Alcatel-Lucent Vimercate
ICT e crisi: addio al polo italiano della fibra ottica? Alcatel-Lucent annuncia 490 esuberi
Si tratta di 360 tecnici specializzati nelle attività R&D OPTICS e 130 impiegati commerciali. In Italia, secondo dati Assintel, 129 mila imprese ICT danno lavoro a oltre 600 mila persone ma l’occupazione ha ancora saldo negativo (-0,2%).
Telecoms - Anche il settore dell’ICT si scontra con la dura realtà della crisi economica che sta interessando il nostro Paese. A risentirne particolarmente, è il polo tecnologico brianzolo che vede pian piano infrangere il sogno di sviluppo nato con l’arrivo sul territorio di molte multinazionali ad alto valore tecnologico.
E così, anche quello che era considerato il distretto italiano della fibra ottica torna a fare i conti con lo spettro dei licenziamenti.
Ultima azienda ad annunciare tagli all’occupazione è Alcatel-Lucent, che prevede circa 490 esuberi sui 2.100 dipendenti italiani, 360 tecnici specializzati nelle attività R&D OPTICS e 130 impiegati nelle attività commerciali (pre-sales, sales, funzioni centrali, Global Custom Delivery, Supply Chain, Delivery Operations e Ingegneria Industriale, HR, Finance, Marketing e Comunicazione). Quasi tutti gli esuberi riguardano la sede di Vimercate dove Alcatel-Lucent conta 1.400 dipendenti specializzati nei sistemi di trasmissione/switching dei dati su fibra ottica ad alta velocità. Ma l’azienda ha confermato anche il piano di riduzione dei lavoratori della sede di Trieste, con una riduzione di circa 200 unità nel corso del 2012.
Nell’ambito del piano 2012, la joint-venture franco americana – che ha appena annunciato il primo profitto dalla sua nascita - prevede una riduzione costi complessiva di 500 milioni di euro, e un riposizionamento strategico delle attività di Ricerca e sviluppo verso i prodotti HLN, in particolare IP e mobile, alla luce della crisi del mercato del ‘packet switching’.
L’Italia risulta, insieme al Belgio, la nazione più colpita da questo ridimensionamento delle attività ma - assicura a Il Sole 24 Ore l’ad della divisione italiana, Gianluca Baini – non si tratta di “una fuga” dal nostro paese, dove nel sito di Vimercate rimarranno 500 dipendenti.
L’azienda ha comunicato altresì di aver individuato una società interessata all’acquisizione dei lavoratori della sede R&D di Genova. Si tratta del gruppo Softeco di Genova, società di ingegneria e servizi software ICT. Nei prossimi giorni si terrà un incontro con la società, sull’ipotesi di cessione.
Eppure, i sindacati parlano di pesante sconfitta per un polo di eccellenza del nostro paese, che porterà al dissipamento di un immenso patrimonio scientifico, culturale, umano.
In Italia, infatti, ha la sede mondiale la divisione Reti Ottiche, leader internazionale nel settore delle reti di trasporto ottiche. La maggior parte dei circa 800 addetti alla ricerca e sviluppo di Alcatel-Lucent in Italia sono impegnati in queste tecnologie, dai componenti, agli apparati, al software di gestione delle reti, operanti per lo più nel polo di Vimercate.
Solo il 6 dicembre scorso, la società aveva annunciato che proprio nei laboratori italiani Alcatel-Lucent di Vimercate era stato sviluppato il cuore di una nuova generazione di sistemi di trasmissione che permetteranno di realizzare in tutto il mondo reti più veloci, più a lunga distanza, con minor necessità di rigenerazione del segnale, più economiche e con un mix di prestazioni diverse.
E sempre a Vimercate sono stati ottenuti, lo scorso anno, 15 dei 34 brevetti complessivi di Alcatel Lucent e ha preso corpo lo standard televisivo HDTV. Le tecnologie realizzate nel nostro paese hanno un bacino d’utenza che va dalla Cina al Medio ed Estremo Oriente, dall’Australia all’America latina.
“I prodotti sviluppati e gestiti in Italia - sottolineano i lavoratori in un appello rivolto alle istituzioni - sono venduti a tutti i più grandi operatori di telecomunicazioni e contribuiscono con 470 milioni di euro pari al 37% del fatturato complessivo della divisione Optics a livello mondiale”.
In Italia, spiega quindi il Coordinamento Sindacale Alcatel-Lucent Italia, “ci sono le competenze, il know-how necessario, le condizioni di costo del lavoro basso, le flessibilità, per poter concorrere allo sviluppo dei prodotti oggi definiti strategici da Alcatel-Lucent”.
“Siamo sconcertati da un management che prima sostiene che il problema di Optics siano le sedi frammentate sul territorio, e dopo pochi mesi mette in discussione tutta la R&D in Italia”, aggiungono, sottolineando che “…il Ministro dello Sviluppo Economico, vista la gravità dell’annuncio, si è riservato di avviare un confronto con la direzione della multinazionale, per capire le ragioni di un’operazione fortemente penalizzante per il nostro paese, soprattutto dopo una serie di incontri istituzionali dove l’azienda affermava di voler mantenere un focus strategico in Italia”.
Un incontro al Ministero è previsto per la fine del mese ma intanto, per il prossimo 14 febbraio, è stato annunciato un presidio a Milano, davanti al palazzo della Regione per protestare contro i licenziamenti che, dicono i lavoratori, rappresentano una ulteriore dichiarazione di “disimpegno verso le ultime attività di ricerca e sviluppo nel nostro paese” dopo le dismissioni, lo scorso anno, dei siti di Bari e di Genova.
In Italia, secondo gli ultimi dati Assintel, le 129 mila imprese ICT a saldo nel primo semestre dell’anno scorso danno lavoro a oltre 600 mila persone, ma l’occupazione ha ancora saldo negativo (-0,2%), con il 71% delle imprese a ‘crescita zero’, mentre le retribuzioni crescono meno dell’inflazione: il divario medio si avvicina al 2%.
La società franco-americana, creata alla fine del 2006 dalla fusione tra l’americana Lucent Technologies e la francese Alcatel, intanto, ha appena segnato il primo profitto dalla sua nascita: nel 2011 l’utile netto è stato di 1,1 miliardi di euro, mentre il giro d'affari è cresciuto di circa il 2% a 15,69 miliardi. Nel quarto trimestre dello scorso anno, i profitti si sono attestati a 868 milioni e il fratturato a 4,27 miliardi (in calo dell’11%).
E così, anche quello che era considerato il distretto italiano della fibra ottica torna a fare i conti con lo spettro dei licenziamenti.
Ultima azienda ad annunciare tagli all’occupazione è Alcatel-Lucent, che prevede circa 490 esuberi sui 2.100 dipendenti italiani, 360 tecnici specializzati nelle attività R&D OPTICS e 130 impiegati nelle attività commerciali (pre-sales, sales, funzioni centrali, Global Custom Delivery, Supply Chain, Delivery Operations e Ingegneria Industriale, HR, Finance, Marketing e Comunicazione). Quasi tutti gli esuberi riguardano la sede di Vimercate dove Alcatel-Lucent conta 1.400 dipendenti specializzati nei sistemi di trasmissione/switching dei dati su fibra ottica ad alta velocità. Ma l’azienda ha confermato anche il piano di riduzione dei lavoratori della sede di Trieste, con una riduzione di circa 200 unità nel corso del 2012.
Nell’ambito del piano 2012, la joint-venture franco americana – che ha appena annunciato il primo profitto dalla sua nascita - prevede una riduzione costi complessiva di 500 milioni di euro, e un riposizionamento strategico delle attività di Ricerca e sviluppo verso i prodotti HLN, in particolare IP e mobile, alla luce della crisi del mercato del ‘packet switching’.
L’Italia risulta, insieme al Belgio, la nazione più colpita da questo ridimensionamento delle attività ma - assicura a Il Sole 24 Ore l’ad della divisione italiana, Gianluca Baini – non si tratta di “una fuga” dal nostro paese, dove nel sito di Vimercate rimarranno 500 dipendenti.
L’azienda ha comunicato altresì di aver individuato una società interessata all’acquisizione dei lavoratori della sede R&D di Genova. Si tratta del gruppo Softeco di Genova, società di ingegneria e servizi software ICT. Nei prossimi giorni si terrà un incontro con la società, sull’ipotesi di cessione.
Eppure, i sindacati parlano di pesante sconfitta per un polo di eccellenza del nostro paese, che porterà al dissipamento di un immenso patrimonio scientifico, culturale, umano.
In Italia, infatti, ha la sede mondiale la divisione Reti Ottiche, leader internazionale nel settore delle reti di trasporto ottiche. La maggior parte dei circa 800 addetti alla ricerca e sviluppo di Alcatel-Lucent in Italia sono impegnati in queste tecnologie, dai componenti, agli apparati, al software di gestione delle reti, operanti per lo più nel polo di Vimercate.
Solo il 6 dicembre scorso, la società aveva annunciato che proprio nei laboratori italiani Alcatel-Lucent di Vimercate era stato sviluppato il cuore di una nuova generazione di sistemi di trasmissione che permetteranno di realizzare in tutto il mondo reti più veloci, più a lunga distanza, con minor necessità di rigenerazione del segnale, più economiche e con un mix di prestazioni diverse.
E sempre a Vimercate sono stati ottenuti, lo scorso anno, 15 dei 34 brevetti complessivi di Alcatel Lucent e ha preso corpo lo standard televisivo HDTV. Le tecnologie realizzate nel nostro paese hanno un bacino d’utenza che va dalla Cina al Medio ed Estremo Oriente, dall’Australia all’America latina.
“I prodotti sviluppati e gestiti in Italia - sottolineano i lavoratori in un appello rivolto alle istituzioni - sono venduti a tutti i più grandi operatori di telecomunicazioni e contribuiscono con 470 milioni di euro pari al 37% del fatturato complessivo della divisione Optics a livello mondiale”.
In Italia, spiega quindi il Coordinamento Sindacale Alcatel-Lucent Italia, “ci sono le competenze, il know-how necessario, le condizioni di costo del lavoro basso, le flessibilità, per poter concorrere allo sviluppo dei prodotti oggi definiti strategici da Alcatel-Lucent”.
“Siamo sconcertati da un management che prima sostiene che il problema di Optics siano le sedi frammentate sul territorio, e dopo pochi mesi mette in discussione tutta la R&D in Italia”, aggiungono, sottolineando che “…il Ministro dello Sviluppo Economico, vista la gravità dell’annuncio, si è riservato di avviare un confronto con la direzione della multinazionale, per capire le ragioni di un’operazione fortemente penalizzante per il nostro paese, soprattutto dopo una serie di incontri istituzionali dove l’azienda affermava di voler mantenere un focus strategico in Italia”.
Un incontro al Ministero è previsto per la fine del mese ma intanto, per il prossimo 14 febbraio, è stato annunciato un presidio a Milano, davanti al palazzo della Regione per protestare contro i licenziamenti che, dicono i lavoratori, rappresentano una ulteriore dichiarazione di “disimpegno verso le ultime attività di ricerca e sviluppo nel nostro paese” dopo le dismissioni, lo scorso anno, dei siti di Bari e di Genova.
In Italia, secondo gli ultimi dati Assintel, le 129 mila imprese ICT a saldo nel primo semestre dell’anno scorso danno lavoro a oltre 600 mila persone, ma l’occupazione ha ancora saldo negativo (-0,2%), con il 71% delle imprese a ‘crescita zero’, mentre le retribuzioni crescono meno dell’inflazione: il divario medio si avvicina al 2%.
La società franco-americana, creata alla fine del 2006 dalla fusione tra l’americana Lucent Technologies e la francese Alcatel, intanto, ha appena segnato il primo profitto dalla sua nascita: nel 2011 l’utile netto è stato di 1,1 miliardi di euro, mentre il giro d'affari è cresciuto di circa il 2% a 15,69 miliardi. Nel quarto trimestre dello scorso anno, i profitti si sono attestati a 868 milioni e il fratturato a 4,27 miliardi (in calo dell’11%).
domenica 27 maggio 2012
Lavoratori Acrobati
Lavoratori Acrobati
Il progetto Lavoratori Acrobati è nato dall’incontro di due donne, due amiche , tra loro molto diverse , ciascuna con una propria visione della situazione attuale del “lavoro che non c’è” e che hanno coltivato un comune desiderio e “sogno” di poter incidere in questa realtà di sofferenze con la volontà di poter cambiare qualcosa , aiutando sul piano umano chi ha perso il lavoro e fa fatica a uscire da un proprio isolamento .
Da Facebook e da wordpress col blog hanno creato questo spazio nuovo e hanno dato il via anche ad un Tg un po’ “atipico”, molto umano e sociale.
Si tratta di uno spazio che vuole far parlare i protagonisti dell'attuale crisi, in cui si racconta di “resilienza” per superare le difficoltà psicologiche di questa situazione che spesso si trasforma in una tragedia umana e sociale e sono previsti più approcci non ultimi quelli legati ad arti meditative come il “Tai chi” e tutto ciò che in maniera laica, “non violenta”, e concreta può aiutare a dare forza morale e ricomporre la propria autostima e dignità umana di fronte a questi eventi devastanti della propria esistenza.
Si tratta di un intervento più sul fronte culturale e dell'ambito della “narrazione” che trasformi in positivo l'approccio e l'atteggiamento culturale a questi eventi come la perdita del lavoro e la rassegnazione contagiosa. E' chiaro che anche la politica può fare la sua parte e prestare molta attenzione a recepire queste storie e proporre interventi concreti di politica del lavoro.
Infine ne è nato un libro dal titolo “ LAVORATORI ACROBATI . Pensieri , immagini e storie di crisi”, Collana Orientamenti , Ed. La Sapienza Roma, aprile 2012, scritto da Stefania Cavallo e curato nella grafica da Maria Fruino. Segue una breve presentazione dell’autrice . Il Libro è in uscita a fine aprile e sarà presentato il prossimo 10 maggio in Camera del Lavoro di Milano.
PRESENTAZIONE “LAVORATORI ACROBATI” DI STEFANIA CAVALLO
“Uno Spazio che si occupi dei Lavoratori in crisi , Disoccupati e Lavoratori Precari quindi tutti ACROBATI . Perchè' non ci si dimentichi di loro e per raccogliere la loro rabbia, il loro disagio, le loro storie e le loro speranze!”.
Così si è esordito sullo spazio creato su facebook un po’ di mesi fa nel presentare questo nuovo progetto che l’autrice ha denominato LAVORATORI ACROBATI , ispirandosi al bel libro “Mamme Acrobate” di Elena Rosci e che rende molto bene l’idea delle mamme di oggi un po’ “multitasking” o “tuttofare” , così come uomini e donne , giovani e meno giovani tutti Lavoratori Acrobati che per riuscire a sopravvivere si sono dotati anche loro di grandi capacità acrobatiche , come quegli atleti che sfidano tanti rischi per non cadere e che spesso sono sprovvisti di reti di sostegno e di salvataggio. Si pensi ,ad esempio, anche a quei lavoratori che lavorano senza una minima misura di sicurezza e sfidano ogni giorno , ogni minuto, la sorte a tutela della propria dignità umana e credibilità sociale.
Questo libro racconta della crisi attuale vista attraverso lo sguardo dell’autrice anch’essa una lavoratrice precaria, anzi spesso “iperoccupata sottopagata” così come si auto-definisce, in un diario quotidiano di interrogativi sul “lavoro che non c’è” alla ricerca di risposte concrete con “azioni concrete” che sia l’Economia che la Politica hanno disatteso, ma che invece la Società civile ha colto come importante opportunità per esprimere il grande bisogno di Solidarietà umana e di Etica emergenti.
Le Storie raccontate dall’autrice sono reali, sono eventi e condizioni vissuti da “Persone” che hanno voluto raccontare la propria condizione di debolezza strutturale , di “paura e speranza” ai tempi della crisi , come dice l’autrice :
“ di paura di fare le cose che abitualmente facciamo per gli altri, abbiamo paura di stabilire delle relazioni e tutto questo annulla anche il “pensare al futuro” e immaginiamo poi l’impatto di questo sentimento interiore e doloroso, il condizionamento che ne consegue quando, da genitori, si hanno bambini piccoli!”.
Anche in questo nuovo libro , (che segue a distanza di circa un anno il suo primo in tema di mediazione familiare e sempre pubblicato nella stessa Collana Orientamenti ), non manca lo sguardo sociologico e l’occasione di parlare di “famiglie” e di “bambini” e di come spesso questi eventi “di non lavoro” nella vita degli adulti-genitori di figli piccoli , possano “spezzare” le loro esistenze e così dice l’autrice , quando racconta dei “licenziati dei treni-notte” che chiama “i lavoratori senza treno e senza lavoro” :
“Devastanti le ricadute economiche, e non solo, nelle loro vite, togliendo a questa famiglia e a questi bambini la possibilità di continuare a vivere dignitosamente.
Questi licenziamenti lavorativi, a volte anche in contemporanea per entrambi i genitori, sono dei ve
ri drammi umani per tutte le coppie con figli piccoli e la cosa che non viene quasi mai presa in con
siderazione in questi casi è proprio come gestire la situazione specifica con i propri figli.Senza lavoro per “quei” genitori, “quella” famiglia, nolente o volente viene “spezzata” ed è difficile spiegare a dei bambini piccoli cosa stia succedendo senza che si possa rischiare di generare in loro ulteriore preoccupazione e ansia del presente e per il futuro.
Ecco in questi casi come non ricorrere alla grande psicoanalista francese e conoscitrice dell’infanzia, Françoise Dolto, quando dice che - i bambini hanno diritto alla verità?- “.
In definitiva , l’autrice ,con questo suo contributo, aiutata dai protagonisti delle sue “Storie di crisi” vuole lasciare una “testimonianza” di questi tempi e un messaggio forte quando dice così :
“ Il mio intento, anche con questo scritto, è quindi proprio quello di dare un piccolo contributo di ottimismo realistico al dibattito attuale che ci vede coinvolti in prima persona tutti, perché le cose migliorino e si possano trovare, con le intelligenze di tutti, soluzioni concrete per i giovani, le donne e gli over 40-50 senza lavoro.”
I link dei nostri video dal progetto Lavoratori Acrobati su Facebook
Ricordo i nostri primi Tg nella sequenza:
Tg1: la scelta di raccontare della crisi e del “Lavorochenoncè”
https://www.facebook.com/photo.php?v=2337961843509&set=vb.237812409606386&type=2&theater
Tg2: la nostra presentazione e qualche prima testimonianza
https://www.facebook.com/photo.php?v=2363651405732&set=vb.237812409606386&type=2&theater
http://chirb.it/5fMK4m solo audio (la testimonianza registrata di un'ex-lavoratrice disoccupata non per scelta e con un'indennità al 100% )
Tg 3: il nostro 3°Tg pre-natalizio e lo potete vedere e ascoltare sulla nostra bacheca su FB di Lavoratori Acrobati… Ove vi trovate il riepilogo con i precedent Tg e la testimonianza dell’ ex-lavoratrice con l’indennità al 100%. Parlo delle lavoratrici dei call center, dei disoccupati troppo giovani per andare in pensione e della mia esperienza come lavoratrice intellettuale acrobata e precaria.
http://www.youtube.com/watch?v=zoFfjHhMK6k&feature=youtu.be
Tg 4: dal presidio della Torre Faro Stazione Centrale –Milano
http://www.youtube.com/watch?v=rCnPFMBwSnY&feature=youtu.be
Intervista al delegato CGIL Trasporti Vincenzo Mazzeo
http://chirb.it/fGm8r8
Inoltre segnalo il blog di Lavoratori acrobati:
www.stefaniacavallo.wordpress.com
Su Facebook:
Lavoratori Acrobati
Per inviarci le vostre esperienze acrobatiche potete:
scrivere una mail a Stefania Cavallo o a Maria Fruino
stefania.cavallo@alice.it
mfruino@gmail.com
inviare un sms: 392.1316509 (TRE) 331.3046324 (TIM)
(verrete quanto prima ricontattati)
venerdì 25 maggio 2012
IL LAVORO: CRISI E PRECARIETÀ IN MARTESANA
PRESIDIO JABIL Ex Nokia/Siemens CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI MELZO ORGANIZZA UN INCONTRO SU IL LAVORO: CRISI E PRECARIETÀ IN MARTESANA MARTEDÌ,
12 GIUGNO 2012 DALLE ORE 20.30 ALLE ORE 23.30 VIA DANTE, 2 - ENTRATA SALA VALLAPERTI
PALAZZO TRIVULZIO - MELZO INTERVERANNO:
- I LAVORATORI DELLA JABIL
- ROBERTO MALANCA RAPPRESENTANTE SINDACALE JABIL
- STEFANIA CAVALLO SOCIOLOGA E AUTRICE DI "LAVORATORI ACROBATI"
- UN RAPPRESENTANTE DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI MELZO
- MODERA LUIGI BRAMBILLASCHI. SI FARA’ IL PUNTO SULLA SITUAZIONE DEL LAVORO
E DELLE CRISI ANCORA APERTE SUL TERRITORIO.
SIETE INVITATI A PARTECIPARE
INGRESSO LIBERO. CONTATTI:
ROBERTO MALANCA CELL 3294749207
STEFANIA CAVALLO CELL 3921316509
LUIGI BRAMBILLASCHI CELL 3347771566 "CALARSI NEL TERRITORIO PER ASCOLTARE, ASCOLTARCI,
PER RIPRENDERE LA PAROLA."
12 GIUGNO 2012 DALLE ORE 20.30 ALLE ORE 23.30 VIA DANTE, 2 - ENTRATA SALA VALLAPERTI
PALAZZO TRIVULZIO - MELZO INTERVERANNO:
- I LAVORATORI DELLA JABIL
- ROBERTO MALANCA RAPPRESENTANTE SINDACALE JABIL
- STEFANIA CAVALLO SOCIOLOGA E AUTRICE DI "LAVORATORI ACROBATI"
- UN RAPPRESENTANTE DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI MELZO
- MODERA LUIGI BRAMBILLASCHI. SI FARA’ IL PUNTO SULLA SITUAZIONE DEL LAVORO
E DELLE CRISI ANCORA APERTE SUL TERRITORIO.
SIETE INVITATI A PARTECIPARE
INGRESSO LIBERO. CONTATTI:
ROBERTO MALANCA CELL 3294749207
STEFANIA CAVALLO CELL 3921316509
LUIGI BRAMBILLASCHI CELL 3347771566 "CALARSI NEL TERRITORIO PER ASCOLTARE, ASCOLTARCI,
PER RIPRENDERE LA PAROLA."
Ascoltando Macao
Ascoltando Macao
COMMENTO - Guido Viale
Cultura e democrazia, su questi due cardini si reggono l'occupazione milanese e quella del teatro Valle a Roma. È qui che si costruisce il futuro e si ricostruisce un ponte tra generazioni che il trentennio craxian-berlusconiano ha separato
La cultura, oppressa da trent'anni di televisione, di marketing e di carrierismo craxiani e berlusconiani torna a prendersi la scena nel modo più impensato: prima con l'occupazione del teatro Valle di Roma e la presa di parola della generazione TQ (i trenta-quarantenni); ora con la forza aggregante di Macao a Milano e, tra le due, e intorno a loro, un'altra decina di occupazioni di cinema, teatri, locali in varie città d'Italia: per "fare cultura".
Cultura e arte sono scienza del possibile: potenze che scardinano l'appiattimento sulle necessità imposte dai "fatti compiuti". Il conformismo dei passati decenni era un coperchio su una pentola in lenta ebollizione: una volta sollevato, le spinte sociali sono destinate a esplodere; analogamente a come quattro decenni fa la delegittimazione dell'ordine costituito prodotto dal movimento degli studenti aveva spalancato le porte all'offensiva operaia e sociale degli anni '70. Nelle assemblee di queste nuove aggregazioni si discute (a volte in modo ingenuo e disordinato: ed è un loro pregio) soprattutto di partecipazione, di democrazia diretta, di regole e garanzie per assicurare a tutti la possibilità e il diritto di esprimersi e di portare il proprio contributo alla crescita di tutti; in modo del tutto simile a quello che ha tenuto occupati per giorni gli acampados spagnoli o i partecipanti di Occupy Wall Street e delle mille repliche che hanno investito gran parte delle città statunitensi; ma anche in tante altre sedi, come le riunioni della per ora ancora piccola Alba.
La novità maggiore di questa nuova stagione sta proprio qui: cultura e democrazia, nel senso di partecipazione, coincidono. Non c'è cultura se non ha come suo humus la valorizzazione del contributo di conoscenze, di esperienze, ma anche e soprattutto di vissuto, di sentimenti e passioni, di tutti coloro che vogliono concorrere a un risultato condiviso; e viceversa, la democrazia non è e non può essere un mero insieme di regole - che pure vanno fissate e aggiornate in corso d'opera - ma è un regime di condivisione di saperi, sia specialistici che pratici, "mettendoci la faccia"; e mettendo in gioco i propri corpi, come la modalità delle occupazioni mette in evidenza. È una nuova declinazione del rapporto tra arte e vita. Dicono a Macao: «Si produce democrazia facendo arte e si fa arte con la democrazia».
Mettendosi in ascolto da "esterno" (se non altro per motivi generazionali), cioè attraverso una lettura critica di quanto riportano i media e i social network, più qualche sporadica partecipazione alle assemblee di Macao, ma potendo contare su un background di occupazioni, di esperimenti di democrazia partecipativa e di riflessioni condivise, a me sembra che la vicenda di Macao possa insegnare a tutti alcune cose (senza ovviamente escluderne altre, che sicuramente mi sono sfuggite) che derivano direttamente dalle sue pratiche. Innanzitutto le donne e gli uomini («i ragazzi», come li chiamano i media) di Macao non sono alla ricerca solo di uno spazio in cui rinchiudersi per sviluppare insieme le loro attività (si considerano soprattutto, anche se non in modo esclusivo, "lavoratori dell'arte"). Vogliono «aprire alla cittadinanza» una serie di spazi che la proprietà, sia pubblica che privata, ha tenuto sequestrati per decenni, escludendola, senza alcun tornaconto né pubblico né privato se non quello di nasconderli per procede più liberamente nello scempio della città.
La scelta della torre Galfa è esemplare: un immane spazio per uffici tenuto vuoto dal principale speculatore edile (di Milano e non solo), mentre a pochi metri di distanza è cresciuta - seppellendo sotto il cemento uno dei quartieri storici più popolari e "vissuti" della città - una foresta di grattacieli altrettanto inutili. Tra cui la nuova residenza di Formigoni (con annessa piattaforma megagalattica di atterraggio per la discesa dal cielo del "Celeste"): una scandalosa duplicazione del Pirellone, la cui acquisizione aveva simbolizzato, già trent'anni fa, il passaggio della guida della città dalla borghesia industriale alla casta politica e speculativa; poi il "bosco verticale": un grattacielo alberato progettato dall'attuale assessore alla cultura, già estensore del Masterplan di Expo 2015 (la maggiore "palla al piede" della giunta Pisapia) e di quello del mancato G8 alla Maddalena; oppure il grattacielo Unicredit, che grazie a un vistoso pinnacolo ha vinto la gara di erezione ingaggiata con Formigoni: costruito da Ligresti con fondi Unicredit che glielo ha poi comprato nel tentativo di non farlo fallire, accollandosi l'ennesimo sperpero dei costruttori milanesi in bancarotta. E molte altre torri ancora.
Diversa ma analoga è la storia di Palazzo Citterio: comprato dallo Stato quarant'anni fa per dare respiro alle contigue Accademia e Pinacoteca di Brera, è rimasto vuoto fino all'ingresso di Macao; ma è riuscito a inghiottire decine di milioni (di euro) e di miliardi (di lire) senza farne niente, anche grazie alle cure dell'ex Ad di McDonald's Mario Resca, promosso direttore generale dei Beni culturali, e non senza l'assistenza della cricca Bertolaso, nella persona del sub commissario Mauro Di Giovampaola. Adesso gridano che l'occupazione sta bloccando la ristrutturazione della Grande Brera. Tanto "grande" da non poter più contenere gli studenti dell'accademia, che il progetto confina in una ex caserma fuori mano (rompendo la continuità tra museo e Accademia che è uno dei grandi atout di queste istituzione); per non turbare un quartiere diventato chic nel corso degli anni e per non "inquinare" il vero progetto, dato che l'annessione alla Pinacoteca di Palazzo Citterio, che forse comincerà solo tra un anno, servirà soprattutto per creare spazi per attività commerciali attraverso cui far transitare gli sfortunati visitatori (il famoso concorso pubblico-privato auspicato dal ministro Ornaghi per coprire finanziamenti che lo Stato promette ma non dà). Così Macao ha messo in grado i cittadini di Milano, e non solo loro, di venire a conoscenza di queste scelte e, se vogliono, di discuterne, contestarle e prendere posizione.
Con queste premesse c'è solo da augurarsi che Macao cresca e le occupazioni si moltiplichino. Per questo a chiedere lo sgombero immediato di Macao e la messa sotto accusa di chi tollera l'occupazione, per prevenire "vandalismi" su un palazzo del '700 sono soprattutto i rappresentanti del centrodestra cacciati dal governo della città (i veri vandali di Milano: quelli che l'hanno sfigurata); ma anche la componente più oltranzista del Pd e la burocrazia di Stato che ha in custodia l'edificio e che improvvisamente scopre nell'occupazione una congiura per bloccare lavori fermi da quarant'anni.
Ma si riscontra con rammarico una generale ostilità, dai toni accesi e a volte inaccettabili, anche tra molti esponenti di quei comitati per Pisapia (ora trasformati in Comitati per Milano) che hanno portato alla vittoria l'attuale sindaco; perché vedono nell'occupazione una messa in discussione dell'operato della giunta, mentre Macao potrebbe dare una spinta verso forme più aperte di coinvolgimento della cittadinanza; soprattutto per superare l'immobilismo dell'assessorato alla Cultura. In secondo luogo Macao non cerca solo luoghi per il proprio lavoro (di qui gli equivoci sul rifiuto di accettare uno spazio nelle ex Officine Ansaldo, offerto dalla Giunta per «calmare le acque»), ma una vera politica culturale - ora del tutto assente - all'interno della quale si aprano spazi e opportunità per il "saper fare" di migliaia di giovani acculturati, creativi, altamente "informatizzati" e "connessi", oggi condannati alla disoccupazione, al precariato, al lavoro sottopagato negli studi di professionisti che li sfruttano senza dar loro, né essere in grado di dar loro, niente; anche perché nella maggior parte dei casi i loro saperi sono irreversibilmente inquadrati nell'orizzonte speculativo e omertoso dei rapporti di potere vigenti. Eppure le opportunità per questo esercito di creativi alla ricerca di un percorso da condividere non mancherebbero: basta pensare che le quattro più quotate scuole di design della città (che in qualche modo vuol dire anche d'Europa) erano pronte a entrare nella torre Galfa, se non fosse stata sgomberata, per tenervi dei seminari: e non (solo) per un atto di benevolenza, ma perché sanno che è in processi come Macao che si sviluppa la potenza della creatività diffusa. In terzo luogo gli occupanti di Macao sono effettivamente, in grandissima maggioranza, giovani e molto giovani.
E sono stati attratti in migliaia, come da una calamita, a sostenere l'occupazione sotto la torre Galfa e a Palazzo Citterio: questo dovrebbe far riflettere partiti, associazioni e organismi politici, spesso prevalentemente frequentati (compresa Alba) da persone mature o decisamente anziane (come il sottoscritto). Ma il mondo di domani si costruisce in eventi come questo o non si produce affatto (e si sottomette così ai diktat della gerontocrazia finanziaria che governa il mondo: certamente coadiuvata da un esercito di giovani rampanti, da cui non c'è però da attendersi niente di buono). Porsi in ascolto di processi come questo è indispensabile se si vuole ricostruire un ponte tra generazioni che il trentennio craxiano e berlusconiano ha reso reciprocamente estranee, mettendo alle strette chi lavora a deprimere (e reprimere) una intera generazione, denigrandola come priva di idee, di cultura e di desiderio; e trattandola come prigioniera di pulsioni al godimento senza regole né limiti prospettato dal consumismo.
Quella prigione esiste davvero; l'hanno costruita le generazioni precedenti (compresa, in parte, la mia) e vi hanno rinchiuso dentro quelle successive, facendo di quella prigionia un alibi per la propria passività e - spesso - il proprio asservimento. Ma vicende come quella del teatro Valle e di Macao dimostrano che tra le nuove generazioni il desiderio di liberarsi da questa gabbia c'è, eccome; e che è culturalmente più agguerrito di quello che molti pensano.
Cultura e arte sono scienza del possibile: potenze che scardinano l'appiattimento sulle necessità imposte dai "fatti compiuti". Il conformismo dei passati decenni era un coperchio su una pentola in lenta ebollizione: una volta sollevato, le spinte sociali sono destinate a esplodere; analogamente a come quattro decenni fa la delegittimazione dell'ordine costituito prodotto dal movimento degli studenti aveva spalancato le porte all'offensiva operaia e sociale degli anni '70. Nelle assemblee di queste nuove aggregazioni si discute (a volte in modo ingenuo e disordinato: ed è un loro pregio) soprattutto di partecipazione, di democrazia diretta, di regole e garanzie per assicurare a tutti la possibilità e il diritto di esprimersi e di portare il proprio contributo alla crescita di tutti; in modo del tutto simile a quello che ha tenuto occupati per giorni gli acampados spagnoli o i partecipanti di Occupy Wall Street e delle mille repliche che hanno investito gran parte delle città statunitensi; ma anche in tante altre sedi, come le riunioni della per ora ancora piccola Alba.
La novità maggiore di questa nuova stagione sta proprio qui: cultura e democrazia, nel senso di partecipazione, coincidono. Non c'è cultura se non ha come suo humus la valorizzazione del contributo di conoscenze, di esperienze, ma anche e soprattutto di vissuto, di sentimenti e passioni, di tutti coloro che vogliono concorrere a un risultato condiviso; e viceversa, la democrazia non è e non può essere un mero insieme di regole - che pure vanno fissate e aggiornate in corso d'opera - ma è un regime di condivisione di saperi, sia specialistici che pratici, "mettendoci la faccia"; e mettendo in gioco i propri corpi, come la modalità delle occupazioni mette in evidenza. È una nuova declinazione del rapporto tra arte e vita. Dicono a Macao: «Si produce democrazia facendo arte e si fa arte con la democrazia».
Mettendosi in ascolto da "esterno" (se non altro per motivi generazionali), cioè attraverso una lettura critica di quanto riportano i media e i social network, più qualche sporadica partecipazione alle assemblee di Macao, ma potendo contare su un background di occupazioni, di esperimenti di democrazia partecipativa e di riflessioni condivise, a me sembra che la vicenda di Macao possa insegnare a tutti alcune cose (senza ovviamente escluderne altre, che sicuramente mi sono sfuggite) che derivano direttamente dalle sue pratiche. Innanzitutto le donne e gli uomini («i ragazzi», come li chiamano i media) di Macao non sono alla ricerca solo di uno spazio in cui rinchiudersi per sviluppare insieme le loro attività (si considerano soprattutto, anche se non in modo esclusivo, "lavoratori dell'arte"). Vogliono «aprire alla cittadinanza» una serie di spazi che la proprietà, sia pubblica che privata, ha tenuto sequestrati per decenni, escludendola, senza alcun tornaconto né pubblico né privato se non quello di nasconderli per procede più liberamente nello scempio della città.
La scelta della torre Galfa è esemplare: un immane spazio per uffici tenuto vuoto dal principale speculatore edile (di Milano e non solo), mentre a pochi metri di distanza è cresciuta - seppellendo sotto il cemento uno dei quartieri storici più popolari e "vissuti" della città - una foresta di grattacieli altrettanto inutili. Tra cui la nuova residenza di Formigoni (con annessa piattaforma megagalattica di atterraggio per la discesa dal cielo del "Celeste"): una scandalosa duplicazione del Pirellone, la cui acquisizione aveva simbolizzato, già trent'anni fa, il passaggio della guida della città dalla borghesia industriale alla casta politica e speculativa; poi il "bosco verticale": un grattacielo alberato progettato dall'attuale assessore alla cultura, già estensore del Masterplan di Expo 2015 (la maggiore "palla al piede" della giunta Pisapia) e di quello del mancato G8 alla Maddalena; oppure il grattacielo Unicredit, che grazie a un vistoso pinnacolo ha vinto la gara di erezione ingaggiata con Formigoni: costruito da Ligresti con fondi Unicredit che glielo ha poi comprato nel tentativo di non farlo fallire, accollandosi l'ennesimo sperpero dei costruttori milanesi in bancarotta. E molte altre torri ancora.
Diversa ma analoga è la storia di Palazzo Citterio: comprato dallo Stato quarant'anni fa per dare respiro alle contigue Accademia e Pinacoteca di Brera, è rimasto vuoto fino all'ingresso di Macao; ma è riuscito a inghiottire decine di milioni (di euro) e di miliardi (di lire) senza farne niente, anche grazie alle cure dell'ex Ad di McDonald's Mario Resca, promosso direttore generale dei Beni culturali, e non senza l'assistenza della cricca Bertolaso, nella persona del sub commissario Mauro Di Giovampaola. Adesso gridano che l'occupazione sta bloccando la ristrutturazione della Grande Brera. Tanto "grande" da non poter più contenere gli studenti dell'accademia, che il progetto confina in una ex caserma fuori mano (rompendo la continuità tra museo e Accademia che è uno dei grandi atout di queste istituzione); per non turbare un quartiere diventato chic nel corso degli anni e per non "inquinare" il vero progetto, dato che l'annessione alla Pinacoteca di Palazzo Citterio, che forse comincerà solo tra un anno, servirà soprattutto per creare spazi per attività commerciali attraverso cui far transitare gli sfortunati visitatori (il famoso concorso pubblico-privato auspicato dal ministro Ornaghi per coprire finanziamenti che lo Stato promette ma non dà). Così Macao ha messo in grado i cittadini di Milano, e non solo loro, di venire a conoscenza di queste scelte e, se vogliono, di discuterne, contestarle e prendere posizione.
Con queste premesse c'è solo da augurarsi che Macao cresca e le occupazioni si moltiplichino. Per questo a chiedere lo sgombero immediato di Macao e la messa sotto accusa di chi tollera l'occupazione, per prevenire "vandalismi" su un palazzo del '700 sono soprattutto i rappresentanti del centrodestra cacciati dal governo della città (i veri vandali di Milano: quelli che l'hanno sfigurata); ma anche la componente più oltranzista del Pd e la burocrazia di Stato che ha in custodia l'edificio e che improvvisamente scopre nell'occupazione una congiura per bloccare lavori fermi da quarant'anni.
Ma si riscontra con rammarico una generale ostilità, dai toni accesi e a volte inaccettabili, anche tra molti esponenti di quei comitati per Pisapia (ora trasformati in Comitati per Milano) che hanno portato alla vittoria l'attuale sindaco; perché vedono nell'occupazione una messa in discussione dell'operato della giunta, mentre Macao potrebbe dare una spinta verso forme più aperte di coinvolgimento della cittadinanza; soprattutto per superare l'immobilismo dell'assessorato alla Cultura. In secondo luogo Macao non cerca solo luoghi per il proprio lavoro (di qui gli equivoci sul rifiuto di accettare uno spazio nelle ex Officine Ansaldo, offerto dalla Giunta per «calmare le acque»), ma una vera politica culturale - ora del tutto assente - all'interno della quale si aprano spazi e opportunità per il "saper fare" di migliaia di giovani acculturati, creativi, altamente "informatizzati" e "connessi", oggi condannati alla disoccupazione, al precariato, al lavoro sottopagato negli studi di professionisti che li sfruttano senza dar loro, né essere in grado di dar loro, niente; anche perché nella maggior parte dei casi i loro saperi sono irreversibilmente inquadrati nell'orizzonte speculativo e omertoso dei rapporti di potere vigenti. Eppure le opportunità per questo esercito di creativi alla ricerca di un percorso da condividere non mancherebbero: basta pensare che le quattro più quotate scuole di design della città (che in qualche modo vuol dire anche d'Europa) erano pronte a entrare nella torre Galfa, se non fosse stata sgomberata, per tenervi dei seminari: e non (solo) per un atto di benevolenza, ma perché sanno che è in processi come Macao che si sviluppa la potenza della creatività diffusa. In terzo luogo gli occupanti di Macao sono effettivamente, in grandissima maggioranza, giovani e molto giovani.
E sono stati attratti in migliaia, come da una calamita, a sostenere l'occupazione sotto la torre Galfa e a Palazzo Citterio: questo dovrebbe far riflettere partiti, associazioni e organismi politici, spesso prevalentemente frequentati (compresa Alba) da persone mature o decisamente anziane (come il sottoscritto). Ma il mondo di domani si costruisce in eventi come questo o non si produce affatto (e si sottomette così ai diktat della gerontocrazia finanziaria che governa il mondo: certamente coadiuvata da un esercito di giovani rampanti, da cui non c'è però da attendersi niente di buono). Porsi in ascolto di processi come questo è indispensabile se si vuole ricostruire un ponte tra generazioni che il trentennio craxiano e berlusconiano ha reso reciprocamente estranee, mettendo alle strette chi lavora a deprimere (e reprimere) una intera generazione, denigrandola come priva di idee, di cultura e di desiderio; e trattandola come prigioniera di pulsioni al godimento senza regole né limiti prospettato dal consumismo.
Quella prigione esiste davvero; l'hanno costruita le generazioni precedenti (compresa, in parte, la mia) e vi hanno rinchiuso dentro quelle successive, facendo di quella prigionia un alibi per la propria passività e - spesso - il proprio asservimento. Ma vicende come quella del teatro Valle e di Macao dimostrano che tra le nuove generazioni il desiderio di liberarsi da questa gabbia c'è, eccome; e che è culturalmente più agguerrito di quello che molti pensano.
Operai Jabil a Roma,respinta la provocazione
ven, 25 mag @ 08:24
Operai Jabil a Roma,respinta la provocazione
Pubblicato in:: Numero128-12
Caro Operai Contro
...
“Qui non potete stare”, ripetono gli agenti della Digos di Roma agli operai
licenziati della Jabil che alla spicciolata dal Metrò si dirigono in piazza della
Repubblica, dove c'è il ritrovo per andare all'incontro al ministero dello Sviluppo.
“ Per quale motivo? Che reato stiamo commettendo?” replicano gli operai.
“ Non potete stare insieme più di 4 persone” ribatte la Digos, “c'è la legge che
vieta l'adunata sediziosa”.
I solerti poliziotti hanno avuto ordini imprescindibili. Pretendono i documenti e
identificato gli operai e le operaie della Jabil, all'unico scopo di creare un
incidente di percorso ed impedire la manifestazione in programma sotto il ministero.
Non hanno esitato a citare norme che riconducono al codice Rocco, per sabotare una
giornata di lotta che gli operai Jabil avevano programmato.
Forse ispirati dal senso del dovere o forse chissà da che, quel che è certo è che
Nokia non ha potuto gioire di questa azione repressiva, perchè gli operai Jabil sono
arrivati comunque all'appuntamento sotto al ministero.
La protesta per essere stati ricevuti a Roma come pericolosi criminali, si è sommata
alla rabbia che li vede occupare la fabbrica da metà dicembre, contro i licenziamenti
e per la continuità produttiva della fabbrica.
La manifestazione è stata così vibrata, costringendo il Ministero a invertire il
programma.
Infatti contrariamente a quanto previsto, ha ricevuto prima la delegazione operaia
della Jabil con le Rsu e i funzionari sindacali. Finito questo incontro il ministero
ha incontrato la delegazione della Nokia.
L'incontro Jabil è stato aggiornato al 5 Giugno.
Per questa data oltre al ministero e i rappresentanti delle istituzioni presenti
anche ieri, sarà invitata l'eterna assente Nokia, le realtà produttive sue
concorrenti, che hanno finora mostrato interesse a contribuire alla ripresa
produttiva dello storico sito di Cassina de' Pecchi. Il ministero inviterà anche
rappresentanti delle associazioni industriali.
E proprio il Comune di Cassina de' Pecchi, sarà la sede dell'incontro del 5 giugno.
Gli operai Jabil tengono alta la guardia nella fabbrica occupata e la presidiano da
oltre 10 mesi.
Passate al presidio a solidarizzare con questa lotta.
Saluti a muso duro dalla Jabil occupata
Operai Jabil a Roma,respinta la provocazione
Pubblicato in:: Numero128-12
Caro Operai Contro
...
“Qui non potete stare”, ripetono gli agenti della Digos di Roma agli operai
licenziati della Jabil che alla spicciolata dal Metrò si dirigono in piazza della
Repubblica, dove c'è il ritrovo per andare all'incontro al ministero dello Sviluppo.
“ Per quale motivo? Che reato stiamo commettendo?” replicano gli operai.
“ Non potete stare insieme più di 4 persone” ribatte la Digos, “c'è la legge che
vieta l'adunata sediziosa”.
I solerti poliziotti hanno avuto ordini imprescindibili. Pretendono i documenti e
identificato gli operai e le operaie della Jabil, all'unico scopo di creare un
incidente di percorso ed impedire la manifestazione in programma sotto il ministero.
Non hanno esitato a citare norme che riconducono al codice Rocco, per sabotare una
giornata di lotta che gli operai Jabil avevano programmato.
Forse ispirati dal senso del dovere o forse chissà da che, quel che è certo è che
Nokia non ha potuto gioire di questa azione repressiva, perchè gli operai Jabil sono
arrivati comunque all'appuntamento sotto al ministero.
La protesta per essere stati ricevuti a Roma come pericolosi criminali, si è sommata
alla rabbia che li vede occupare la fabbrica da metà dicembre, contro i licenziamenti
e per la continuità produttiva della fabbrica.
La manifestazione è stata così vibrata, costringendo il Ministero a invertire il
programma.
Infatti contrariamente a quanto previsto, ha ricevuto prima la delegazione operaia
della Jabil con le Rsu e i funzionari sindacali. Finito questo incontro il ministero
ha incontrato la delegazione della Nokia.
L'incontro Jabil è stato aggiornato al 5 Giugno.
Per questa data oltre al ministero e i rappresentanti delle istituzioni presenti
anche ieri, sarà invitata l'eterna assente Nokia, le realtà produttive sue
concorrenti, che hanno finora mostrato interesse a contribuire alla ripresa
produttiva dello storico sito di Cassina de' Pecchi. Il ministero inviterà anche
rappresentanti delle associazioni industriali.
E proprio il Comune di Cassina de' Pecchi, sarà la sede dell'incontro del 5 giugno.
Gli operai Jabil tengono alta la guardia nella fabbrica occupata e la presidiano da
oltre 10 mesi.
Passate al presidio a solidarizzare con questa lotta.
Saluti a muso duro dalla Jabil occupata
mercoledì 23 maggio 2012
LE 300 VERTENZE DEI LAVORATORI SUI TAVOLI MINISTERIALI …….SENZA RISPOSTE
LE 300 VERTENZE DEI LAVORATORI SUI TAVOLI MINISTERIALI …….SENZA RISPOSTE!
300 , o forse di più , le vertenze sul tavolo del Ministero del Lavoro in questo periodo , un numero significativo e preoccupante per chiunque e credo anche per chi sa di essere un “Rambo” della concertazione negoziale ! Inoltre dietro questa sintesi numerica ci sono migliaia e migliaia di “persone” , di lavoratori senza più lavoro , o in cassa integrazione ecc. che spesso possiamo trovare nei vari “presidi” ancora attivi e “resistenti” anche nel nostro territorio della Martesana a Nord-Est di Milano .
Lo scenario è quello sempre più ricorrente del tempo che passa senza che ci siano cambiamenti concreti e risposte a tutte queste lavoratrici e lavoratori , come ad esempio nella situazione della Jabil/Nokia che il prossimo luglio “festeggiano”, si fa per dire, il loro primo anno di vertenza e presidio ancora attivo a Cassina de Pecchi .
Ricordiamo ancora che molti altri lavoratori sono dovuti salire sui tetti , sulle torri dei binari a Milano o sui tralicci , per rivendicare il diritto al lavoro e la propria dignità e ancora oggi molti di loro non hanno ricevuto risposte esaustive né a livello locale né a livello nazionale .
L’altro giorno ho incontrato al presidio Jabil/Nokia Roberto Malanca , lavoratore e rappresentante sindacale FIOM, e anche in questo caso da una breve sintesi della loro storia da “licenziati” emerge ancora una volta una gestione spregiudicata aziendale a discapito del lavoratore e del lavoro , nel senso che il discorso sembra essere sempre lo stesso ossia che spesso viene negato il fatto che ci siano commesse e così facendo si porta la realtà produttiva a chiudere perché in negativo , ma di fatto così non è .
Come se ci fosse un retro-piano preordinato nazionale secondo cui debbano essere smantellati tutti i centri produttivi a favore di siti di mera logistica , movimentazione merci , ecc ….infatti spesso si sente dire dagli stessi lavoratori l’Italia diventerà un enorme polo logistico e basta !
Pensiamo ad esempio anche al discorso sempre più pressante dei nuovi e recenti progetti stradali e autostradali che stanno ponendo seri problemi sul piano ambientale , della convivenza sociale e civile .
C’è ancora molto da capire e da “resistere” , ma soprattutto quello che si chiede con forza e urgenza a questo governo è un piano di politica economica che rilanci la produttività e con essa il lavoro per salvaguardare le nostre piccole e medie realtà imprenditoriali di eccellenza .
Stefania Cavallo
300 , o forse di più , le vertenze sul tavolo del Ministero del Lavoro in questo periodo , un numero significativo e preoccupante per chiunque e credo anche per chi sa di essere un “Rambo” della concertazione negoziale ! Inoltre dietro questa sintesi numerica ci sono migliaia e migliaia di “persone” , di lavoratori senza più lavoro , o in cassa integrazione ecc. che spesso possiamo trovare nei vari “presidi” ancora attivi e “resistenti” anche nel nostro territorio della Martesana a Nord-Est di Milano .
Lo scenario è quello sempre più ricorrente del tempo che passa senza che ci siano cambiamenti concreti e risposte a tutte queste lavoratrici e lavoratori , come ad esempio nella situazione della Jabil/Nokia che il prossimo luglio “festeggiano”, si fa per dire, il loro primo anno di vertenza e presidio ancora attivo a Cassina de Pecchi .
Ricordiamo ancora che molti altri lavoratori sono dovuti salire sui tetti , sulle torri dei binari a Milano o sui tralicci , per rivendicare il diritto al lavoro e la propria dignità e ancora oggi molti di loro non hanno ricevuto risposte esaustive né a livello locale né a livello nazionale .
L’altro giorno ho incontrato al presidio Jabil/Nokia Roberto Malanca , lavoratore e rappresentante sindacale FIOM, e anche in questo caso da una breve sintesi della loro storia da “licenziati” emerge ancora una volta una gestione spregiudicata aziendale a discapito del lavoratore e del lavoro , nel senso che il discorso sembra essere sempre lo stesso ossia che spesso viene negato il fatto che ci siano commesse e così facendo si porta la realtà produttiva a chiudere perché in negativo , ma di fatto così non è .
Come se ci fosse un retro-piano preordinato nazionale secondo cui debbano essere smantellati tutti i centri produttivi a favore di siti di mera logistica , movimentazione merci , ecc ….infatti spesso si sente dire dagli stessi lavoratori l’Italia diventerà un enorme polo logistico e basta !
Pensiamo ad esempio anche al discorso sempre più pressante dei nuovi e recenti progetti stradali e autostradali che stanno ponendo seri problemi sul piano ambientale , della convivenza sociale e civile .
C’è ancora molto da capire e da “resistere” , ma soprattutto quello che si chiede con forza e urgenza a questo governo è un piano di politica economica che rilanci la produttività e con essa il lavoro per salvaguardare le nostre piccole e medie realtà imprenditoriali di eccellenza .
Stefania Cavallo
PER QUALCUNO LA LEGGE E' PIU' UGUALE CHE PER ALTRI...
Per qualcuno la legge è più uguale che per altri........
pubblicata da Anna Lisa Minutillo il giorno mercoledì 23 maggio 2012 alle ore 16.30 ·
Ci si ritrova alle 24 e si parte per Roma peccato che all'arrivo i lavoratori JABIL hanno ricevuto l'accoglienza prepotente delle forze dell'ordine che li hanno privati delle bandiere FIOM e fermati chiedendo loro le generalità senza che abbiano commesso nessun crimine se non quello di recarsi al ministero per cercare di far sentire ancora per una volta la loro voce che viene ingiustamente coperta dallo stridere di voci che continuano a lamentarsi della non crescita di questo Paese. Si lamentano e lo madano a gambe all'aria ma com'è possibile??? Difendere e pretendere di riavere un posto di lavoro che è stato ingiustamente tolto da persone che non giocano di certo a far migliorare l'economia di questa nazione sembra essere diventato uno sport pericoloso in questo momento storico,si gioca a far diventare la lista dei disoccupati sempre più numerosa,si gioca con le vite delle persone più deboli che vedendosi private della loro identità decidono che sopravvivere non possa più fare per loro perchè erano abituate a vivere decorosamente fino a pochi mesi fa. La mattanza continua e ci si dimentica che in Italia lavorare è un diritto ma anche un dovere e che queste due postille sono ben evidenziate dal codice civile. Si fanno andare avanti indisrturbati i ladri,gli speculatori,gli affamatori di popolo dimenticandosi di quanto bene la forza lavoro abbia fatto per questo Paese e di quanti sacrifici abbiano fatto plasmando le loro vite alle richieste delle stesse aziende. Nessuno avrebbe mai immaginato che fosse così duramente colpito proprio uno dei settori che hanno sempre rappresentato il fiore all'occhiello di questo Paese,le telecomunicazioni stanno subendo attacchi gratuiti e stanno pagando un caro prezzo in questo momento storico si vogliono tagliare e ridurre organici cospicui da sempre considerati importanti oltre ai 325 lavoratori Jabil ci sono i lavoratori NOKIA con 580 esuberi dichiarati,seguono i lavoratori ALCATEL con 180,i lavoratori FASTWEB che verranno esternalizzati,ed è proprio delle scorse ore la dichiarazione da parte di SIRTI di 1000 esuberi insomma una vera e propria mattanza. Stamani a Roma davano fastidio le nostre presenze,dava fastidio il suono della verità,dava fastidio la voglia di non darsi per vinti ed è a questo punto che si dovrebbe pensare di intensificare le lotte che ci si dovrebbe riappropriare delle fabbriche che poi sono le nostre poichè siamo stati noi lavoratori a farle crescere ,ad ampliarle a renderle colossi nel settore a dedicare tutta la nostra collaborazione e tutta la nostra competenza e non ci stiamo a vederle diventare dei cimiteri dove non si vuole più lasciare lo spazio alla volontà ma solo portare disperazione ed ingiustizia sociale.
Come mai per qualcuno la legge è più uguale che per altri?? Come mai non ci si rende conto che tutte queste persone hanno famiglie,mutui da pagare,bollette che puntuali si presentano ogni mese nelle loro abitazioni e che non si sa per quanto ognuna di queste famiglie continuerà ad averla un'abitazione??
Siamo stanchi di parole,di promesse non mantenute,siamo stanchi di vivere in unmo Stato che pretende ma che offende ,siamo stanchi di dover subire rappresaglie,siamo stanchi di non vedere la parteciupazione di quelli che ancora sono fortunati e continuano a lavorare pensando così di salvare la sedia senza aver capito o non volendo capire che questo non assicurerà loro la permanenza nella vita lavorativa e che quando arriverà il primo ordine dall'alto anche la loro testa capitolerà così come hanno fatto le nostre.
Sono delusa,amareggiata e sempre più indignata,sono ferita nell'anima da persone che si lamentano di non avere la benzina nelle auto e poi ci si fiondano contro trattandoci da malavitosi,da delinquenti quando non siamo di certo noi a delinquere.
Ciò che vorrei sarebbe un'unione seria da parte di tutti i lavoratori,ciò che vorrei e che mi piacerebbe vedere sarebbe una reazione forte e determinata da parte di tutti i lavoratori offesi duramente da chi dovrebbe tutelarli,ciò che vorrei sarebbe il veder tornare le fabbriche nelle nostre mani poichè ci appartengono e le abbiamo guadagnate con anni di lavoro,ciò che vorrei sarebbe un mondo che si potesse chiamare ancora mondo,ciò che vorrei sarebbe far sentire le nostre voci e colpire ancora la coscienza di chi va in tv dicendo di averne ancora una ciò che vorrei è il non darsi per vinti da parte di chi lotta.
Non saranno pochi uomini che devono sottostare a far indietreggiare persone che da perdere non hanno più nulla e che non si strumentalizzi la protesta cercando di far passare i lavoratori come soggetti pericolosi perchè qui se cè qualcuno di pericoloso non sono i lavoratori ma il malgoverno che permette che queste mattanze avvengano senza chiederci chi cè dietro un nome e cognome e quale sia la sua storia.
Un governo che non ha il tempo per fermarsi a chiedersi chi sono tutti questi lavoratori sfruttati e abbandonati non può definirsi tale.
Smettiamo di autorizzare i ladri e tuteliamo invece quanti non hanno mai compiuto nulla di illegale e vanno ingiro a volto scoperto racchiudendo in un fischietto e nello sventolio di una bandiera tutta la rabbia e la delusione che gli fa compagnia già da un pò e ritendendosi anche fortunati che non si debbano sporcare le mani con altri suicidi di stato,noi andiamo avanti e non ci fermiamo difronte a nessun tipo di soppruso anche perchè non lo meritiamo!
Tutti i lavoratori devono sapere di non essere soli e non devono mai smettere di credere nei loro sogni,anche se questa via è difficile e spesso si cede a momenti di sconforto non facciamo loro nessun regalo,continuiamo a far sentire le nostre voci,a fischiare la nostra rabbia cullandoci nello sventolio di una bandiera che assume più valore proprio perchè scomoda! Anna Lisa Minutillo
lunedì 21 maggio 2012
quarantuno lavoratori in cassa integrazione dello stabilimento JABIL Marcianise
A partire da mercoledi 16 maggio quarantuno lavoratori in cassa integrazione dello stabilimento di Marcianise della BLG l.s.i., nata nel 2005 da una cessione del ramo d’azienda di Jabil ex Siemens, avvieranno la stato di agitazione per rivendicare certezza sul proprio futuro e il mantenimento dei livelli occupazionali.
In particolare, i lavoratori denunciano il fatto che quasi tutti gli impegni assunti con la RSU aziendale, tra cui la garanzia di cinque giorni lavorativi al mese, sono stati ampiamente disattesi. Tutto ciò, nonostante l’azienda abbia in essere commesse proprio grazie al sito di Marcianise.
“Intendiamo sottolineare – fanno sapere i lavoratori – che tutti i quarantuno dipendenti sono parte integrante del processo produttivo di Jabil,dalla quale attendiamo di conoscere l’esito delle interlocuzioni con BLG. Siamo preoccupati che paghino ancora una volta i più deboli, ossia i lavoratori, già fiaccati dalla crisi economica e sottoposti a enormi sacrifici per arrivare alla fine del mese. Annunciamo sin d’ora azioni di lotta più decise nel caso in cui le nostre legittime rivendicazioni non troveranno le attese risposte dai soggetti coinvolti”
In particolare, i lavoratori denunciano il fatto che quasi tutti gli impegni assunti con la RSU aziendale, tra cui la garanzia di cinque giorni lavorativi al mese, sono stati ampiamente disattesi. Tutto ciò, nonostante l’azienda abbia in essere commesse proprio grazie al sito di Marcianise.
“Intendiamo sottolineare – fanno sapere i lavoratori – che tutti i quarantuno dipendenti sono parte integrante del processo produttivo di Jabil,dalla quale attendiamo di conoscere l’esito delle interlocuzioni con BLG. Siamo preoccupati che paghino ancora una volta i più deboli, ossia i lavoratori, già fiaccati dalla crisi economica e sottoposti a enormi sacrifici per arrivare alla fine del mese. Annunciamo sin d’ora azioni di lotta più decise nel caso in cui le nostre legittime rivendicazioni non troveranno le attese risposte dai soggetti coinvolti”
Jabil: incontro in Prefettura
Jabil: incontro in Prefettura
Si è tenuto questa mattina (12 Aprile 2012) a Milano un incontro tra la Prefettura e una delegazione dei lavoratori della Jabil. Nelle scorse settimane il Prefetto si era impegnato con il sindaco di Cassina e con Nokia per verificare a livello istituzionale che la destinazione dell’area su cui giace l’azienda rimanesse tale anche nei prossimi anni.
«Quello che ci è stato riferito oggi», ha dichiarato uno dei lavoratori a MilanInMovimento, «è che al momento la situazione sulla destinazione dell’area è rimasta invariata e che su di essa non ci sono appetiti di altra natura». Ma gli operai rimangono comunque insoddisfatti: «Queste dichiarazioni lasciano il tempo che trovano», hanno spiegato, «vorremmo infatti maggiori garanzie attraverso una delibera che stabilisca che la destinazione dell’area rimanga di tipo industriale per i prossimi anni. Perché ad oggi, così come stanno le cose, la possibilità che si creino nuovi scenari speculativi rimane aperta».
Durante l’incontro di questa mattina, la delegazione ha anche chiesto al Prefetto di muoversi affinché la realtà lavorativa della Jabil, che oggi sta portando avanti la produzione in modo auto organizzato, sia convocata al tavolo previsto tra il Ministro Passera e le aziende del settore delle telecomunicazioni. «Siamo un’entità funzionale di eccellenza pronta ad inserirsi nel mercato, per questo vogliamo essere invitati a partecipare a quel tavolo».
Nonostante il valore e la competitività della produzione della Jabil, Nokia, proprietaria dell’area, continua però a minacciare il ritiro dei macchinari. «Siamo intenzionati ad opporci allo smantellamento della fabbrica», hanno concluso i lavoratori, «Nokia è responsabile delle condizioni in cui ci troviamo oggi e siamo pronti a far rispettare le nostre esigenze con nuove iniziative e nuove forme di lotta».
«Quello che ci è stato riferito oggi», ha dichiarato uno dei lavoratori a MilanInMovimento, «è che al momento la situazione sulla destinazione dell’area è rimasta invariata e che su di essa non ci sono appetiti di altra natura». Ma gli operai rimangono comunque insoddisfatti: «Queste dichiarazioni lasciano il tempo che trovano», hanno spiegato, «vorremmo infatti maggiori garanzie attraverso una delibera che stabilisca che la destinazione dell’area rimanga di tipo industriale per i prossimi anni. Perché ad oggi, così come stanno le cose, la possibilità che si creino nuovi scenari speculativi rimane aperta».
Durante l’incontro di questa mattina, la delegazione ha anche chiesto al Prefetto di muoversi affinché la realtà lavorativa della Jabil, che oggi sta portando avanti la produzione in modo auto organizzato, sia convocata al tavolo previsto tra il Ministro Passera e le aziende del settore delle telecomunicazioni. «Siamo un’entità funzionale di eccellenza pronta ad inserirsi nel mercato, per questo vogliamo essere invitati a partecipare a quel tavolo».
Nonostante il valore e la competitività della produzione della Jabil, Nokia, proprietaria dell’area, continua però a minacciare il ritiro dei macchinari. «Siamo intenzionati ad opporci allo smantellamento della fabbrica», hanno concluso i lavoratori, «Nokia è responsabile delle condizioni in cui ci troviamo oggi e siamo pronti a far rispettare le nostre esigenze con nuove iniziative e nuove forme di lotta».
Macao in zona Brera nella strada più difficile
Macao in zona Brera nella strada più difficile
MILANO
TAGLIO MEDIO - Luca Fazio - MILANO
Occupato un palazzo del Settecento I «lavoratori dell'arte» alzano la posta ma il Comune non ci sta. Boeri: «Liberate quello spazio»
Non buttare mozziconi per terra. Non scrivere sui muri. Cani al guinzaglio. Non sporcare è anche casa tua. Sono solo alcuni dei fogli A4 scritti a pennarello per i curiosi che varcano la soglia del nuovo spazio occupato dai «lavoratori dell'arte» di Macao. Si sono impossessati di una cosa mai vista, come sempre accade a Milano quando si ha il coraggio o l'opportunità di buttare l'occhio dietro alle facciate delle case. Questa dimora è difficile anche solo immaginarsela come «casa mia», e quei cartelli pieni di divieti dicono che se ne sono resi conto anche a Macao: hanno preso un posto magnifico. Una palazzo storico settecentesco, Palazzo Citterio, in via Brera 12. A pochi metri dalla Pinacoteca di Brera, a due passi dal Teatro alla Scala. Se qualcuno si è impressionato per la Torre Galfa di Ligresti, ancora non ha visto nulla. Un po' di storia aiuta a comprendere perché, esauriti i complimenti per la location , sarà necessaria un'approfondita e franca discussione per sostenere l'idea di una sede lussuosa come questa. Palazzo Citterio è stato comprato dallo stato nel 1972, per cui dipende dal ministero dei beni culturali (quindi l'eventuale sgombero può chiederlo immediatamente il ministero dell'Interno). Sono quaranta anni che lo stato pensa di trasformare questi spazi per realizzare la «grande Brera». Risultati: nessuno. La dimora è abbandonata da 28 anni. Solo negli anni Ottanta è stato fatto un intervento ambizioso ricavando nei sotteranei spazi espositivi per migliaia di metri quadrati. Un museo da sogno che nonostante alcuni miliardi di lire non è mai decollato: ha ospitato solo due mostre. Per il futuro è previsto un collegamento tra Palazzo Citterio e la Pinacoteca, unendo le due strutture attraverso l'orto botanico adiacente al grande giardino dove ieri gli occupanti strabuzzavano gli occhi davanti a tanta bellezza. Può Macao avere una sede di questo tipo? La discussione è già aperta e si annuncia spinosa. Sulla pagina facebook, per esempio, ieri è emersa la spaccatura tra coloro che hanno scelto di alzare nuovamente il tiro e chi avrebbe preferito prendere in considerazione l'offerta della giunta Pisapia (l'ex Ansaldo di via Tortona con un bando pubblico). Altri, invece, avrebbero preferito una zona più periferica, e senza dubbio questa sarebbe stata una scelta politicamente più spendibile. Inoltre alcuni lamentano una mancanza di orizzontalità sulle decisione prese, e chi decide cosa è «la madre» di tutte le questioni quando ci si vuole organizzare collettivamente all'insegna della trasparenza e della democrazia. In sintesi, «non capisco perché non si potesse nemmeno parlare con le istituzioni» o «mi chiedo perché Macao abbia bisogno di spazi fisici così centrali e chic per farsi ascoltare» e ancora «e le periferie? meglio rimanere nella cerchia dei bastioni perché est plus chic?». Insomma, l'utopia del benecomunismo comincia a confrontarsi con la dura realtà delle cose quando finalmente accadono scollandosi dalla carta. Macao, inoltre, non poteva non sapere quale sarebbe stata la reazione del Comune di Milano. «Non condividiamo questa nuova occupazione», ha detto il vicesindaco Maria Grazia Guida. «Questa occupazione mette a rischio il progetto della grande Brera ha aggiunto l'assessore alla cultura Stefano Boeri - il mio è un appello a ricredersi, a lasciare libero lo spazio e capire che l'interesse di chi guarda il bene comune del paese è che il progetto prosegua dopo 20 anni di immobilismo». Per Macao il difficile viene adesso. Il patrimonio da tutelare, più che un palazzo del Settecento, sono le migliaia di persone che ci hanno creduto e ancora ci credonoIntervento a LAVORATORI ACROBATI di Stefania Cavallo
Intervento a LAVORATORI ACROBATI di Stefania Cavallo
MILANO, 10 maggio 2012
Sala Buozzi Camera del Lavoro
Ripercorrendo un po’ i motivi del “Perché si scrive” e aiutandomi con quanto detto da Duccio Demetrio intellettuale , grande esperto sul tema e in particolare di biografie , la lista è abbastanza densa si parte da scrivere per chiarificarsi , per crearsi nuove vite , per sviluppare un pensiero più acuto , per lasciare una traccia, come regolamento di conti con se stessi ……quanti “fantasmi” di “attaccamento” e di ricerca della verità !
Ricorda ancora Demetrio che la Scrittura è anche Eros , autoerotismo, autocompiacimento e passione ! Un esercizio fisco elementare ma utile al pensiero!
Non c’è dubbio che per me scrivere LAVORATORI ACROBATI abbia voluto focalizzare e “fotografare” soprattutto una “rilevanza sociale” dei fatti narrati , un po’ come dare “ossigeno per la verità” e la verità di oggi è quella del “lavoro che non c’è” , di un’insicurezza sul reddito delle famiglie italiane , ma non solo oggi voglio ricordare anche :
- i 2 milioni di dimissioni in bianco per le donne registrati quest’anno ;
- donne e giovani senza lavoro e il problema dei lavoratori “anziani” ;
- il popolo sempre più numeroso degli “esodati”
Insomma un trend che ci riporta indietro negli anni , con correlazioni che ci aprono a forti e preoccupanti regressioni sul piano civile e culturale con tassi di violenza ( e di auto-violenza con i suicidi) decisamente elevati in questi ultimi tempi penso alle molte donne uccise dai loro ex-compagni e ai suicidi di imprenditori e pensionati in continuo e inquietante aumento in queste ultime settimane.
Tassi di suicidi non solo nel Nord-Est ma un po’ a macchia di leopardo anche al centro e al sud Italia e con un’estensione che colpisce non solo i piccoli e medi imprenditori ma anche i pensionati già abbastanza vessati .
Insomma questa crisi non perdona nessuno!
Se questo è lo scenario è evidente che c’è poco da stare tranquilli e nello stesso tempo questa paura che ci blocca ci interroga sulla necessità di “elaborazione” individuale e collettiva in una forma di reciproca mutualità e solidarietà a livello di società civile per trovare una rappresentanza in una Politica che si faccia sempre più parte attiva a fianco di chi continua a perdere il lavoro e la vita .
Su questa dimensione che ci interroga quotidianamente tutti…..il libro LAVORATORI ACROBATI si dilunga parecchio con continui rimandi a quale debba essere il ruolo delle Istituzioni e della Politica attuali così come sia importante anche il “ruolo” della Famiglie , degli adulti e su quale parte debbano avere oggi i genitori , padri e madri insieme , proprio ai tempi della Crisi.
Certo parlo di “Maternità” alla luce anche di episodi personali così come nel mio libro cito l’appello , che ho ancora nel cuore , della moglie di Carmine Rotatore dei licenziati dei wagon-Lits trasmesso in televisione in Servizio Pubblico di Santoro; ricordo che questo episodio mi ha smosso emotivamente a tal punto che è incominciato il mio percorso di conoscenza
di questi “amici” e della loro lotta pacifica , una lotta tuttora in atto e che sta presentando nuovi sbocchi e aperture di reintegro del servizio e di occupazione lavorativa .
Chiudo nella speranza di aver contribuito , nel mio piccolo, a fornire qualche strumento in più per “elaborare” meglio questo preciso momento storico , con uno sguardo più umano e anche “sentimentale” alle ormai troppe e tante storie di disagio economico e morale contemporaneo i cui protagonisti principali sono soprattutto le Famiglie e le Giovani generazioni.
Stefania Cavallohttp://stefaniacavallo.wordpress.com/
MILANO, 10 maggio 2012
Sala Buozzi Camera del Lavoro
Ripercorrendo un po’ i motivi del “Perché si scrive” e aiutandomi con quanto detto da Duccio Demetrio intellettuale , grande esperto sul tema e in particolare di biografie , la lista è abbastanza densa si parte da scrivere per chiarificarsi , per crearsi nuove vite , per sviluppare un pensiero più acuto , per lasciare una traccia, come regolamento di conti con se stessi ……quanti “fantasmi” di “attaccamento” e di ricerca della verità !
Ricorda ancora Demetrio che la Scrittura è anche Eros , autoerotismo, autocompiacimento e passione ! Un esercizio fisco elementare ma utile al pensiero!
Non c’è dubbio che per me scrivere LAVORATORI ACROBATI abbia voluto focalizzare e “fotografare” soprattutto una “rilevanza sociale” dei fatti narrati , un po’ come dare “ossigeno per la verità” e la verità di oggi è quella del “lavoro che non c’è” , di un’insicurezza sul reddito delle famiglie italiane , ma non solo oggi voglio ricordare anche :
- i 2 milioni di dimissioni in bianco per le donne registrati quest’anno ;
- donne e giovani senza lavoro e il problema dei lavoratori “anziani” ;
- il popolo sempre più numeroso degli “esodati”
Insomma un trend che ci riporta indietro negli anni , con correlazioni che ci aprono a forti e preoccupanti regressioni sul piano civile e culturale con tassi di violenza ( e di auto-violenza con i suicidi) decisamente elevati in questi ultimi tempi penso alle molte donne uccise dai loro ex-compagni e ai suicidi di imprenditori e pensionati in continuo e inquietante aumento in queste ultime settimane.
Tassi di suicidi non solo nel Nord-Est ma un po’ a macchia di leopardo anche al centro e al sud Italia e con un’estensione che colpisce non solo i piccoli e medi imprenditori ma anche i pensionati già abbastanza vessati .
Insomma questa crisi non perdona nessuno!
Se questo è lo scenario è evidente che c’è poco da stare tranquilli e nello stesso tempo questa paura che ci blocca ci interroga sulla necessità di “elaborazione” individuale e collettiva in una forma di reciproca mutualità e solidarietà a livello di società civile per trovare una rappresentanza in una Politica che si faccia sempre più parte attiva a fianco di chi continua a perdere il lavoro e la vita .
Su questa dimensione che ci interroga quotidianamente tutti…..il libro LAVORATORI ACROBATI si dilunga parecchio con continui rimandi a quale debba essere il ruolo delle Istituzioni e della Politica attuali così come sia importante anche il “ruolo” della Famiglie , degli adulti e su quale parte debbano avere oggi i genitori , padri e madri insieme , proprio ai tempi della Crisi.
Certo parlo di “Maternità” alla luce anche di episodi personali così come nel mio libro cito l’appello , che ho ancora nel cuore , della moglie di Carmine Rotatore dei licenziati dei wagon-Lits trasmesso in televisione in Servizio Pubblico di Santoro; ricordo che questo episodio mi ha smosso emotivamente a tal punto che è incominciato il mio percorso di conoscenza
di questi “amici” e della loro lotta pacifica , una lotta tuttora in atto e che sta presentando nuovi sbocchi e aperture di reintegro del servizio e di occupazione lavorativa .
Chiudo nella speranza di aver contribuito , nel mio piccolo, a fornire qualche strumento in più per “elaborare” meglio questo preciso momento storico , con uno sguardo più umano e anche “sentimentale” alle ormai troppe e tante storie di disagio economico e morale contemporaneo i cui protagonisti principali sono soprattutto le Famiglie e le Giovani generazioni.
Stefania Cavallohttp://stefaniacavallo.wordpress.com/
sabato 19 maggio 2012
CONTRO LA CHIUSURA DELL'ASILO UMBERTO PRIMO DI MELZO
LETTERA APERTA CONTRO LA CHIUSURA DELLA SCUOLA MATERNA.
Comuni chiedono di cambiare il Patto di stabilità: se così non fosse, molte città non avrebbero più risorse per proseguire l’offerta educativa nelle scuole materne comunali rischiando così la chiusura o di diventare statali.
Saranno molte le scuole materne a rischiare la trasformazione in scuole statali o peggio ancora la soppressione se non verrà modificato il Patto di stabilità proposto dall’attuale governo. E’ questa la preoccupazione degli Assessori all’Istruzione di molti comuni italiani. In diverse città del nord le scuole materne rappresentano la maggior parte dell’offerta educativa ed ora rischiano di trovarsi senza mezzi per garantire l’attività scolastica. È stata quindi avanzata una richiesta all’On.le Francesco Profumo, Ministro della Pubblica Istruzione, di modificare il Patto di stabilità tra governo e comuni. Gli Assessori hanno paventato il rischio di chiudere le scuole dell’infanzia nelle più importanti città italiane. La chiusura interesserebbe almeno 6.200 sezioni di scuola materna, 13 mila insegnanti e 145 mila bambini dai 3 ai 6 anni.
Le scuole comunali potrebbero diventare statali
Una delegazione di amministratori locali ha incontrato il Ministro dell’Istruzione On.le Francesco Profumo, chiedendo un intervento rapido e risolutore per non interrompere un servizio essenziale alle famiglie: l’attività delle scuole per l’infanzia di competenza dei comuni. A causa del Patto di stabilità, il quale prevede una sostanziale riduzione delle provvidenze da destinare ai comuni, gli enti locali possono contare su limitatissime risorse finanziarie. Se applicato il suddetto Patto, le casse di molti comuni non riusciranno più a far fronte alla richiesta di supplenti, in alcuni casi decisivi per garantire l’attività scolastica. Sarebbero necessari, a quanto sembra, almeno 350 milioni di euro per garantire l’attività didattica. Basti pensare che in alcune città, come Milano, le scuole comunali dell’infanzia sono l’85% di quelle esistenti, mentre a Bologna e a Torino superano il 60%. Il rischio sarebbe quello di privatizzare le scuole materne con riflessi sociali e culturali devastanti o, ancora peggio, chiuderle definitivamente. Una soluzione possibile potrebbe essere rendere statali le scuole comunali e sostituire il personale comunale, in attesa di pensione con personale statale. Questo sarebbe possibile grazie a un emendamento al decreto Milleproroghe, emendamento che ha concesso una deroga per alcuni mesi per poter assumere supplenti necessari alle sostituzioni. Secondo me però, questo emendamento non è sufficiente a risolvere un problema che a giugno, con la definizione dei nuovi ruoli degli insegnanti nelle scuole, è destinato a ripresentarsi.
Cos’è il Patto di stabilità
Il Patto di stabilità è un accordo che lo Stato Italiano, come ogni altro Stato che fa parte dell’Unione Europea, ha assunto con la C.E.E.. In base alle norme nel Patto indicate, anche i Comuni devono contribuire a ridurre il debito pubblico nazionale, mettendo a disposizione dello Stato risorse economiche. Queste ultime già scarse, a causa della crisi in atto, mettono i Comuni ancor di più in difficoltà. Di conseguenza, ogni comune, per rispettare questo Patto, deve rinunciare a utilizzare al proprio interno delle risorse economiche, che vanno invece destinate allo stato. In questo modo i Comuni si trovano nella condizione di non poter realizzare attività destinate alla cittadinanza, come infrastrutture, opere pubbliche e, per l’appunto, le scuole. Potrebbe essere non rispettato il Patto ma, in questo caso, il comune che non osservi le norme incorrerebbe in pesanti sanzioni. La prima complicazione a cui i Comuni verrebbero esposti, potrebbe essere il minor introito finanziario annuale da parte dello Stato, a questo farebbe seguito l’impossibilità di realizzare manutenzioni ordinarie, la drastica riduzione dell’erogazione dei servizi assistenziali e l’assunzione di personale a qualsiasi titolo e con ogni tipologia di contratto. Tutto questo avrebbe serie ripercussioni sulle legittime esigenze dei cittadini e, nel caso specifico, delle famiglie che hanno il diritto di mandare i figli nelle scuole materne comunali, che fino a oggi hanno svolto un eccellente servizio. La questione è appena agli inizi, vedremo quello che succederà.
UN CONTRIBUTO AL PRESIDIO JABIL
Siamo alla resa dei conti !!
Con o senza le parti sociali, ma soprattutto senza la voce dei lavoratori e delle lavoratrici di questo paese, il governo Monti, che di tecnico ha ben poco, sta affondando definitivamente le residue garanzie che distinguono un mercato del lavoro, ancora basato su regole civili e democratiche che nessuno ci ha regalato, da un futuro nel quale la sola legge del profitto deciderà della vita di tutte e tutti.
Già oggi, e da molto tempo, milioni di persone sono state estromesse dal lavoro subendo delocalizzazioni, fallimenti, speculazioni; provando nel migliore dei casi a resistere davanti ai cancelli, asserragliati nelle fabbriche e manifestando per ogni dove, ma in questa lotta, dove intorno fanno terra bruciata, nessuno ha gli strumenti o una forza tale da poter imporre le proprie rivendicazioni. Se tutto il panorama sindacale mostra ancora una volta la sua debolezza e l’estrema frammentazione, intento solamente nel salvaguardare il proprio spazio e gestire in modo concertativo il nostro futuro, un vero fronte di opposizione a queste politiche, che ogni giorno riescono a passare il segno, diventa sempre più necessario.
Il 31 marzo a Milano, dopo un periodo interminabile di mancanza di grandi mobilitazioni, si è svolta la manifestazione NO DEBITO NO MONTI, unica realtà oggi di dichiarato dissenso al massacro sociale in atto, che è terminata in Piazza Affari, simbolo e cuore della finanza italiana; una data che ha raccolto moltissime adesioni.
Si è voluto caratterizzare questa manifestazione non come un insieme di varie e specifiche organizzazioni unite per l’occasione ma fare di questo appuntamento il primo di un percorso che metta insieme: i lavoratori e le lavoratrici italiani e immigrati/e, precari/e, studenti, movimenti per la difesa dei beni comuni dal no expo al no tav e tutte le realtà che confliggono nel territorio metropolitano e non solo, slegati/e da ogni logica politico-sindacale.
C’è un disperato bisogno di radicalità di fronte a questo tsunami molto ideologico ma ancor più materialmente devastante e tutti oggi chiedono questo; blocchi stradali come quelli dei no tav, dei lavoratori e delle lavoratrici delle fabbriche che hanno scioperato spontaneamente per difendere l’articolo 18, l’occupazione del ministero del lavoro da parte dei precari sono alcune esempi tra i tanti che non possono e non devono rimanere episodi isolati da elogiare ma pratica di lotta da estendere in modo virale e continuato.
Dopo il 31 la nostra lotta non si ferma !!!
UNIFICHIAMO LE VERTENZE, COSTRUIAMO LE NOSTRE PIATTAFORME E DECIDIAMO NOI LE FORME DI LOTTA
COMINCIAMO OGGI PER DIRE TUTTE E TUTTI:
Già oggi, e da molto tempo, milioni di persone sono state estromesse dal lavoro subendo delocalizzazioni, fallimenti, speculazioni; provando nel migliore dei casi a resistere davanti ai cancelli, asserragliati nelle fabbriche e manifestando per ogni dove, ma in questa lotta, dove intorno fanno terra bruciata, nessuno ha gli strumenti o una forza tale da poter imporre le proprie rivendicazioni. Se tutto il panorama sindacale mostra ancora una volta la sua debolezza e l’estrema frammentazione, intento solamente nel salvaguardare il proprio spazio e gestire in modo concertativo il nostro futuro, un vero fronte di opposizione a queste politiche, che ogni giorno riescono a passare il segno, diventa sempre più necessario.
BASTA DELEGARE !! BASTA CONCERTARE !!
L’autorganizzazione dal basso dei lavoratori è tanto possibile quanto urgente perché nessuno oggi può rivendicare un proprio ed efficace percorso in grado di contrastare la loro crisi ….e non possiamo aspettare ancora.Il 31 marzo a Milano, dopo un periodo interminabile di mancanza di grandi mobilitazioni, si è svolta la manifestazione NO DEBITO NO MONTI, unica realtà oggi di dichiarato dissenso al massacro sociale in atto, che è terminata in Piazza Affari, simbolo e cuore della finanza italiana; una data che ha raccolto moltissime adesioni.
Si è voluto caratterizzare questa manifestazione non come un insieme di varie e specifiche organizzazioni unite per l’occasione ma fare di questo appuntamento il primo di un percorso che metta insieme: i lavoratori e le lavoratrici italiani e immigrati/e, precari/e, studenti, movimenti per la difesa dei beni comuni dal no expo al no tav e tutte le realtà che confliggono nel territorio metropolitano e non solo, slegati/e da ogni logica politico-sindacale.
C’è un disperato bisogno di radicalità di fronte a questo tsunami molto ideologico ma ancor più materialmente devastante e tutti oggi chiedono questo; blocchi stradali come quelli dei no tav, dei lavoratori e delle lavoratrici delle fabbriche che hanno scioperato spontaneamente per difendere l’articolo 18, l’occupazione del ministero del lavoro da parte dei precari sono alcune esempi tra i tanti che non possono e non devono rimanere episodi isolati da elogiare ma pratica di lotta da estendere in modo virale e continuato.
Dopo il 31 la nostra lotta non si ferma !!!
UNIFICHIAMO LE VERTENZE, COSTRUIAMO LE NOSTRE PIATTAFORME E DECIDIAMO NOI LE FORME DI LOTTA
COMINCIAMO OGGI PER DIRE TUTTE E TUTTI:
NO AL DEBITO
NO AL PROFITTO!
SI ALL’ARTICOLO 18!
giovedì 17 maggio 2012
LA MEGLIO GIOVENTÙ IN PIAZZA IL 26
APPELLO
LA MEGLIO GIOVENTÙ IN PIAZZA IL 26
LETTERE
La meglio gioventù del nostro tempo sostiene questo Paese con idee, desideri, progetti, volontariato, scopre nuovi mondi e inventa il futuro eppure è sempre disoccupata, in cerca di lavoro, precaria, senza stipendio. Studia per dare il meglio di sé e migliorare le vite di tutti e di tutte, ma una volta laureata è costretta ad andarsene. In nome di questa generazione il governo Monti propone una riforma sbagliata, una truffa per tutti e in primo luogo per i giovani. Il disegno di legge sul mercato del lavoro lascia intatta la giungla delle 46 forme contrattuali, comprese quelle che il governo aveva annunciato di voler eliminare; non estende gli ammortizzatori sociali, visto che l'assicurazione per l'impiego lascerà fuori buona parte dei lavoratori precari; non prevede nessuna forma di reddito minimo; scarica l'aumento di costo dei contratti a progetto sulle buste paga dei collaboratori; rappresenta una beffa per le reali partite Iva che dovranno pagare di tasca loro l'aumento dei contributi.
Le tante promesse del governo non sono state mantenute, così i giovani sono diventati il pretesto per precarizzare chi ha ancora un contratto stabile. Si è cercato di dividere i padri dai figli, le madri dalle figlie. Noi pensiamo che ci siano, oggi come ieri, i ricchi e i poveri, chi vive di sfruttamento e speculazione e chi vive di lavoro. Per questo vogliamo mobilitarci assieme ai nostri padri e alle nostri madri, perché vogliamo unire due generazioni nella difesa dei diritti e nella lotta contro la precarietà, perché non è vero che non c'è alternativa. La precarietà non è un'emergenza del mercato del lavoro, è il più grande attacco alla democrazia italiana degli ultimi decenni. Per noi la precarietà è il messaggio che da vent'anni una classe dirigente ci trasmette: andatevene. Noi vogliamo restare, cambiare le nostre vite e dare un presente al nostro Paese.
Abbiamo proposte migliori di quelle del governo. Noi chiediamo di investire su Università e Ricerca, di riconvertire ecologicamente il nostro sistema industriale per creare buoni e nuovi posti di lavoro. Chiediamo un modello di welfare universale. Chiediamo che venga bandita sul serio la truffa della precarietà. A un lavoro stabile deve corrispondere un contratto stabile e i diritti fondamentali devono essere estesi a tutte le forme di lavoro: l'equo compenso, il diritto universale alla maternità/paternità e alla malattia, i diritti sindacali, il diritto ad una pensione dignitosa, la continuità di reddito nei periodi di non lavoro, la formazione continua. Chiediamo infine un reddito minimo, fatto di sussidi e servizi, per garantire la dignità della vita e del lavoro com'è in tutti i paesi europei.
È necessaria una grande mobilitazione contro la precarietà, per il reddito, per i saperi e per l'estensione dei diritti e delle tutele: per un Paese diverso e per una nuova idea di cittadinanza, fuori e dentro il lavoro. L'alternativa è il cambiamento, non il mantenimento di pochi diritti e o la versione soft della precarietà. Vogliamo un altro Paese e un'altra politica. Scendiamo in piazza il 26 maggio. Per riprenderci il nostro Paese. Noi, la meglio gioventù del nostro tempo precario.
lamegliogioventu.org
Le tante promesse del governo non sono state mantenute, così i giovani sono diventati il pretesto per precarizzare chi ha ancora un contratto stabile. Si è cercato di dividere i padri dai figli, le madri dalle figlie. Noi pensiamo che ci siano, oggi come ieri, i ricchi e i poveri, chi vive di sfruttamento e speculazione e chi vive di lavoro. Per questo vogliamo mobilitarci assieme ai nostri padri e alle nostri madri, perché vogliamo unire due generazioni nella difesa dei diritti e nella lotta contro la precarietà, perché non è vero che non c'è alternativa. La precarietà non è un'emergenza del mercato del lavoro, è il più grande attacco alla democrazia italiana degli ultimi decenni. Per noi la precarietà è il messaggio che da vent'anni una classe dirigente ci trasmette: andatevene. Noi vogliamo restare, cambiare le nostre vite e dare un presente al nostro Paese.
Abbiamo proposte migliori di quelle del governo. Noi chiediamo di investire su Università e Ricerca, di riconvertire ecologicamente il nostro sistema industriale per creare buoni e nuovi posti di lavoro. Chiediamo un modello di welfare universale. Chiediamo che venga bandita sul serio la truffa della precarietà. A un lavoro stabile deve corrispondere un contratto stabile e i diritti fondamentali devono essere estesi a tutte le forme di lavoro: l'equo compenso, il diritto universale alla maternità/paternità e alla malattia, i diritti sindacali, il diritto ad una pensione dignitosa, la continuità di reddito nei periodi di non lavoro, la formazione continua. Chiediamo infine un reddito minimo, fatto di sussidi e servizi, per garantire la dignità della vita e del lavoro com'è in tutti i paesi europei.
È necessaria una grande mobilitazione contro la precarietà, per il reddito, per i saperi e per l'estensione dei diritti e delle tutele: per un Paese diverso e per una nuova idea di cittadinanza, fuori e dentro il lavoro. L'alternativa è il cambiamento, non il mantenimento di pochi diritti e o la versione soft della precarietà. Vogliamo un altro Paese e un'altra politica. Scendiamo in piazza il 26 maggio. Per riprenderci il nostro Paese. Noi, la meglio gioventù del nostro tempo precario.
lamegliogioventu.org
L'utopia concreta del lavoro indipendente
L'utopia concreta del lavoro indipendente
COMMENTO - Roberto Ciccarelli
A Milano si sta affermando A Milano si sta affermando un progetto che risponde ai bisogni di milioni di lavoratori autonomi e precari: si chiama «Macao» e sperimenta il nuovo mutualismo e il co-working
Macao si è incarnato in un grattacielo di 33 piani dove riunire le arti e le professioni indipendenti, liberali, cognitive e creative, seguendo un modello di auto-governo che include il momento della formazione e della co-progettazione, la creazione di un laboratorio operoso dove il principale obiettivo è la creazione e la socializzazione delle rispettive attività, non la concessione a pagamento di loculi dove la «creative class» si accomoda con il suo computer e finge la normalità di avere un ufficio, riceve i «clienti», simula la comodità di un atelier, quando invece non fa altro che rispecchiarsi nella propria alienazione e pagare il marchio acquistato in franchising dalle multinazionali del co-working.
L'utopia concreta che i lavoratori dell'arte hanno voluto realizzare nella Torre Galfa di Milano, ribattezzata «Macao», risponde ai bisogni di milioni di lavoratori indipendenti che vivono in Italia. Per questa ragione il progetto Macao non è riducibile solo all'occupazione di uno spazio. Lo si può apprezzare sulla lunga distanza, alla luce di un'intuizione importante: quella di rovesciare il presupposto del lavoro professionale della conoscenza, fondato sullo status professionale del lavoratore autonomo che affitta uno studio, un laboratorio, un atelier o uno spazio espositivo, per mostrare «distinzione» e autorevolezza davanti a un cliente o un allievo di un master a pagamento.
Macao ha l'obiettivo di passare dall'esibizione di uno status individuale, o di categoria, alla pratica di una cooperazione tra diversi, imperniata sul riconoscimento di una condizione comune e non sul possesso di un sapere, sulla necessità di posizionarlo sul «mercato» e sull'obbligo di trasmetterlo seguendo la tradizione gerarchica e frontale dell'insegnamento universitario, oppure quello esoterico del maestro artigiano, o del professionista anziano, che centellinano i segreti del mestiere all'apprendista il quale deve inventare stratagemmi per estorcere, nel più breve tempo possibile, la verità che lo renderà, forse un giorno, famoso sul mercato.
Nel progetto Macao emerge inoltre l'esigenza di elaborare una professionalità contro il mercato che la esclude o la sfrutta ricorrendo alle regole della committenza al ribasso, pagata un tozzo di pane in cambio dell'anima. In filigrana, c'è anche l'idea di una nuova socializzazione delle arti e delle professioni a partire dalla condizione del nomade urbano, precario metropolitano, apolide in patria i cui diritti non vengono riconosciuti nell'edificio delle tutele e delle garanzie per il lavoro tradizionale.
Bisogna inoltre considerare che è su queste figure sociali, e professionali, che si rivale la riforma del «mercato» del lavoro che, nel silenzio generale, aumenta l'aliquota previdenziale per gli iscritti alla Gestione separata dell'Inps dal 27 al 33% (entro il 2018). Un salasso che mortificherà redditi già esigui (in molti casi inferiori ai 10 mila euro annui), penalizzando le residue possibilità di restare nello spazio della cittadinanza, oltre che quelle di svolgere un lavoro regolare. Si spiega anche così la straordinaria vitalità politica che attraversa il mondo del lavoro indipendente, della cultura e dello spettacolo, sin dall'occupazione del teatro Valle di Roma, il 14 giugno scorso.
Nello sforzo della creazione di uno spazio polifunzionale, ma non enciclopedico, Macao è però difficilmente riducibile ad un co-working. Questo termine è stato coniato da un programmista informatico, Bernie DeKoven nel 1999 quando a San Francisco sono nati spazi di coworking, «Hat Factory» e «Work only» dove chiunque poteva crearsi il proprio ufficio, affittare una scrivania, inventare una comunità con persone di diverse professioni e condividere idee e progetti. La rete di coworking come l'ha concepita questo informatico si è estesa negli Stati Uniti, e nel resto del mondo. Numerosi sono gli esempi in Europa, ad esempio in Germania o Spagna, come in Italia. In questi spazi c'è sempre il Wi-Fi, un modo per rispondere alle esigenze di chi non sopporta lavorare da solo in casa, cioè il modello di vita del lavoratore autonomo. Su questo bisogno si sta consolidando un impero.
Macao nasce invece dall'esigenza di non cedere al mercato il prezzo della propria solitudine, bensì di istituire una comunità aperta che abbia l'obiettivo di reinventare o proteggere un lavoro svalorizzato, frammentato in mille mansioni irriconoscibili. Un'aspirazione che contrasta, evidentemente, con la retorica prevalente che insiste sul merito individuale, sul talento «creativo» e guarda con favore alla diffusione orizzontale dei saperi tra gli esperti e i non addetti, tra gli studenti e i docenti, tra i professionisti e i clienti, incidendo sui meccanismi della domanda e dell'offerta di lavoro indipendente.
Questo progetto non intende radunare le «competenze» per esporle all'offerta migliore, né creare un mercato alternativo dove fare shopping di «talenti». Tanto meno si intravvede all'orizzonte l'idea di supplire all'alienazione del lavoratore digitale spingendolo in un falansterio dove può incontrare altre solitudini. Tra le sue righe c'è l'intenzione di creare un lavoro al quale non preparano più le istituzioni (dalle accademie all'università, passando per la scuola o i master); ricreare le filiere distrutte dalla gigantesca concentrazione finanziaria del potere nell'arte, così come dalla burocratizzazione dei ruoli e delle mansioni operata dalle autorità statali (soprintendenze, società dei servizi, musei, ma anche fondazioni); innovare le forme di finanziamento di una struttura così ambiziosa imponendo la trasparenza e la giustizia nella distribuzione dei finanziamenti erogati dagli enti locali e regionali, senza trascurare il microcredito e la partecipazione a bandi europei o delle fondazioni a fini sociali.
Un luogo come Macao potrebbe essere inoltre la sede di un consorzio di lavoratori e cittadini che versano i propri contributi previdenziali (che oggi si perdono nella gestione separata dell'Inps) in una cassa mutualistica. Ciò garantirebbe agli indipendenti (autonomi e precari) la possibilità di costituire un'assicurazione universalistica contro malattie e infortuni.
Macao nasce infine dall'esigenza di valorizzare l'immensa ricchezza sociale e produttiva che esiste in Italia, e di promuovere chi crede che la cooperazione sia la parte attiva, vivente, di questa società. Per affermarla oggi c'è bisogno di atti di disobbedienza civile, l'impegno a creare coalizioni sociali, perché i sindacati, i governi, per non parlare dell'impresa, sono a dir poco disattenti, e da vent'anni ne approfittano per saccheggiare questa ricchezza.
Quella che vediamo emergere in questi giorni a Milano è l'esigenza di riconoscersi in una condizione comune, quella del Quinto Stato, dove la molteplicità pressocchè infinita dei «lavori» e delle specificità professionali troverebbero l'occasione per parlare con una voce unica. L'utopia concreta di Macao parla soprattutto di questo. Ascoltiamola.
L'utopia concreta che i lavoratori dell'arte hanno voluto realizzare nella Torre Galfa di Milano, ribattezzata «Macao», risponde ai bisogni di milioni di lavoratori indipendenti che vivono in Italia. Per questa ragione il progetto Macao non è riducibile solo all'occupazione di uno spazio. Lo si può apprezzare sulla lunga distanza, alla luce di un'intuizione importante: quella di rovesciare il presupposto del lavoro professionale della conoscenza, fondato sullo status professionale del lavoratore autonomo che affitta uno studio, un laboratorio, un atelier o uno spazio espositivo, per mostrare «distinzione» e autorevolezza davanti a un cliente o un allievo di un master a pagamento.
Macao ha l'obiettivo di passare dall'esibizione di uno status individuale, o di categoria, alla pratica di una cooperazione tra diversi, imperniata sul riconoscimento di una condizione comune e non sul possesso di un sapere, sulla necessità di posizionarlo sul «mercato» e sull'obbligo di trasmetterlo seguendo la tradizione gerarchica e frontale dell'insegnamento universitario, oppure quello esoterico del maestro artigiano, o del professionista anziano, che centellinano i segreti del mestiere all'apprendista il quale deve inventare stratagemmi per estorcere, nel più breve tempo possibile, la verità che lo renderà, forse un giorno, famoso sul mercato.
Nel progetto Macao emerge inoltre l'esigenza di elaborare una professionalità contro il mercato che la esclude o la sfrutta ricorrendo alle regole della committenza al ribasso, pagata un tozzo di pane in cambio dell'anima. In filigrana, c'è anche l'idea di una nuova socializzazione delle arti e delle professioni a partire dalla condizione del nomade urbano, precario metropolitano, apolide in patria i cui diritti non vengono riconosciuti nell'edificio delle tutele e delle garanzie per il lavoro tradizionale.
Bisogna inoltre considerare che è su queste figure sociali, e professionali, che si rivale la riforma del «mercato» del lavoro che, nel silenzio generale, aumenta l'aliquota previdenziale per gli iscritti alla Gestione separata dell'Inps dal 27 al 33% (entro il 2018). Un salasso che mortificherà redditi già esigui (in molti casi inferiori ai 10 mila euro annui), penalizzando le residue possibilità di restare nello spazio della cittadinanza, oltre che quelle di svolgere un lavoro regolare. Si spiega anche così la straordinaria vitalità politica che attraversa il mondo del lavoro indipendente, della cultura e dello spettacolo, sin dall'occupazione del teatro Valle di Roma, il 14 giugno scorso.
Nello sforzo della creazione di uno spazio polifunzionale, ma non enciclopedico, Macao è però difficilmente riducibile ad un co-working. Questo termine è stato coniato da un programmista informatico, Bernie DeKoven nel 1999 quando a San Francisco sono nati spazi di coworking, «Hat Factory» e «Work only» dove chiunque poteva crearsi il proprio ufficio, affittare una scrivania, inventare una comunità con persone di diverse professioni e condividere idee e progetti. La rete di coworking come l'ha concepita questo informatico si è estesa negli Stati Uniti, e nel resto del mondo. Numerosi sono gli esempi in Europa, ad esempio in Germania o Spagna, come in Italia. In questi spazi c'è sempre il Wi-Fi, un modo per rispondere alle esigenze di chi non sopporta lavorare da solo in casa, cioè il modello di vita del lavoratore autonomo. Su questo bisogno si sta consolidando un impero.
Macao nasce invece dall'esigenza di non cedere al mercato il prezzo della propria solitudine, bensì di istituire una comunità aperta che abbia l'obiettivo di reinventare o proteggere un lavoro svalorizzato, frammentato in mille mansioni irriconoscibili. Un'aspirazione che contrasta, evidentemente, con la retorica prevalente che insiste sul merito individuale, sul talento «creativo» e guarda con favore alla diffusione orizzontale dei saperi tra gli esperti e i non addetti, tra gli studenti e i docenti, tra i professionisti e i clienti, incidendo sui meccanismi della domanda e dell'offerta di lavoro indipendente.
Questo progetto non intende radunare le «competenze» per esporle all'offerta migliore, né creare un mercato alternativo dove fare shopping di «talenti». Tanto meno si intravvede all'orizzonte l'idea di supplire all'alienazione del lavoratore digitale spingendolo in un falansterio dove può incontrare altre solitudini. Tra le sue righe c'è l'intenzione di creare un lavoro al quale non preparano più le istituzioni (dalle accademie all'università, passando per la scuola o i master); ricreare le filiere distrutte dalla gigantesca concentrazione finanziaria del potere nell'arte, così come dalla burocratizzazione dei ruoli e delle mansioni operata dalle autorità statali (soprintendenze, società dei servizi, musei, ma anche fondazioni); innovare le forme di finanziamento di una struttura così ambiziosa imponendo la trasparenza e la giustizia nella distribuzione dei finanziamenti erogati dagli enti locali e regionali, senza trascurare il microcredito e la partecipazione a bandi europei o delle fondazioni a fini sociali.
Un luogo come Macao potrebbe essere inoltre la sede di un consorzio di lavoratori e cittadini che versano i propri contributi previdenziali (che oggi si perdono nella gestione separata dell'Inps) in una cassa mutualistica. Ciò garantirebbe agli indipendenti (autonomi e precari) la possibilità di costituire un'assicurazione universalistica contro malattie e infortuni.
Macao nasce infine dall'esigenza di valorizzare l'immensa ricchezza sociale e produttiva che esiste in Italia, e di promuovere chi crede che la cooperazione sia la parte attiva, vivente, di questa società. Per affermarla oggi c'è bisogno di atti di disobbedienza civile, l'impegno a creare coalizioni sociali, perché i sindacati, i governi, per non parlare dell'impresa, sono a dir poco disattenti, e da vent'anni ne approfittano per saccheggiare questa ricchezza.
Quella che vediamo emergere in questi giorni a Milano è l'esigenza di riconoscersi in una condizione comune, quella del Quinto Stato, dove la molteplicità pressocchè infinita dei «lavori» e delle specificità professionali troverebbero l'occasione per parlare con una voce unica. L'utopia concreta di Macao parla soprattutto di questo. Ascoltiamola.
mercoledì 16 maggio 2012
Jabil occupata: un mattoncino
http://www.operaicontro.it/
Caro Operai Contro
Gli operai Jabil abituati a guardarsi alle spalle, si sono presentati in Regione, non
sono rimasti spiazzati dalla convocazione in Regione all'ultimo momento per
Nokia/Siemens, poche ore prima di salire sul pullman per Roma.
L'incontro in Regione si è aperto ribadendo che l'area industriale del sito
Nokia/Siemens, deve rimanere tale, come presupposto indispensabile anche
nell'incontro al ministero il 23 maggio, in cui si aprirà la vertenza Nokia/Siemens
(580 esuberi).
Un mattoncino ieri è stato messo dalla lotta: la comunità operaia Jabil che rigetta i
licenziamenti, viene riconosciuta dalla Regione in qualità di danneggiata
indirettamente da Nokia/Siemens e quindi anch'essa parte in causa della trattativa.
La nutrita e rumorosa delegazione operaia della Jabil è poi passata a solidarizzare
con gli occupanti sfrattati del Macao. Qui hanno preso la parola e riassunto i motivi
della propria lotta in corso.
Saluti a muso duro dalla Jabil occupata.
Caro Operai Contro
Gli operai Jabil abituati a guardarsi alle spalle, si sono presentati in Regione, non
sono rimasti spiazzati dalla convocazione in Regione all'ultimo momento per
Nokia/Siemens, poche ore prima di salire sul pullman per Roma.
L'incontro in Regione si è aperto ribadendo che l'area industriale del sito
Nokia/Siemens, deve rimanere tale, come presupposto indispensabile anche
nell'incontro al ministero il 23 maggio, in cui si aprirà la vertenza Nokia/Siemens
(580 esuberi).
Un mattoncino ieri è stato messo dalla lotta: la comunità operaia Jabil che rigetta i
licenziamenti, viene riconosciuta dalla Regione in qualità di danneggiata
indirettamente da Nokia/Siemens e quindi anch'essa parte in causa della trattativa.
La nutrita e rumorosa delegazione operaia della Jabil è poi passata a solidarizzare
con gli occupanti sfrattati del Macao. Qui hanno preso la parola e riassunto i motivi
della propria lotta in corso.
Saluti a muso duro dalla Jabil occupata.
martedì 15 maggio 2012
La rabbia Jabil a Roma
La rabbia Jabil a Roma
Caro Operai Contro,
Sosteniamo gli operai Jabil che occupano la fabbrica.
Sottoscrizione dall'estero (BIC) BAECIT2BXXX causale presidio Jabil
Sottoscrizione dall'Italia CC IBAN IT 28S0312732860000000000331 causale presidio
Jabil
Domani martedì 15 maggio, gli operai e i lavoratori della Jabil occupata saranno a
Roma per ricordare al ministro Passera che, seppur licenziati continuano a produrre
ad orario ridotto, in attesa di una soluzione in cui la continuità produttiva,
riparta a pieni giri.
Per conseguire questo obiettivo, operai e lavoratori Jabil ricorderanno a Passera che
il presidio da 10 mesi a Cassina de' Pecchi, potrebbe stabilire una propria
rappresentanza in pianta stabile, proprio nei pressi di Montecitorio, per
rinfrescargli le idee tutti i giorni.
Oggi nella fabbrica occupata, fervono i preparativi per la protesta di domani nella
capitale.
Sopra uno degli striscioni preparati si legge: “Giù le mani dalle fabbriche”. Una
parola d'ordine, un appello alla solidarietà, una mano tesa a tutti gli operai che
con la lotta, nei fatti, resistono ai licenziamenti e alla chiusura delle fabbriche.
Dalla Jabil occupata, saluti a muso duro.
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