giovedì 28 giugno 2012

intervento in aula di luisa gnecchi 25.6.12

Marialuisa On. Gnecchi [mailto:gnecchi_m@camera.it] Inviato: lunedì 25 giugno 2012 23.30

intervento in aula di luisa gnecchi 25.6.12

vi mando il link se volete leggere tutto il resoconto della discussione in aula oggi, e il testo intero del mio intervento, dal resoconto in aula, più la parte scritta che ho consegnato, ho dedicato ampio spazio all'intreccio anche storico tra sistema previdenziale e mercato del lavoro e una parte specifica anche alla prosecuzione volontaria, cordiali saluti luisa gnecchi
MARIALUISA GNECCHI . Questa settimana verrà approvato il disegno di legge sul mercato del lavoro come approvato dal Senato; il Presidente Monti ha chiesto di poter arrivare al Consiglio Europeo con la riforma sul mercato del lavoro approvata. In questo modo la Camera non può intervenire sul testo; non siamo ovviamente contenti di ciò, ma accettiamo responsabilmente questa richiesta contando sull'impegno del Presidente Monti di risolvere i problemi che si sono creati con la prima manovra economica di questo Governo, il Salva Italia.
Non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il DM previsto dal comma 15 dell'art 24 del Salva Italia; in quest'aula mercoledì scorso la Ministra Fornero ha riconosciuto che i 65.000 salvaguardati sono una prima parte delle persone che hanno diritto al mantenimento dei requisiti pensionistici previgenti, ci sembra quindi importante ripartire dalla legge n. 214/2011 e dalla legge n. 14 del 2012 (mille proroghe), perché la nostra disponibilità al voto di fiducia e all'urgenza sul provvedimento in discussione è strettamente legata alla soluzione delle ingiustizie che si sono create e che si stanno creando in materia pensionistica. Tutta la manovra Salva Italia per quanto riguarda il diritto a pensione rimarrà nella storia come grande lotteria, come gara di numeri, di cifre, di responsabilità scaricate su altri, ma soprattutto per le differenze Pag. 151 incredibili anche nella valutazione dei risparmi, dei costi, delle previsioni.
Il perfetto contrario di quello che ci si sarebbe aspettati da tecnici; cito solo un esempio, per non cadere anch'io nel balletto : l'atto Camera 4829, il Salva Italia, come è arrivato alla Camera, prevedeva come risparmio per l'abrogazione totale delle quote per poter andare in pensione, (età anagrafica più anni di contributi, che riguardava tutti, pubblici, privati e autonomi) meno di 14 miliardi di euro fino al 2018 (cito la relazione »bollinata« della Ragioneria a pagina 99 dell'Atto Camera 4829). Come è possibile che »solo« 65.000 persone da salvaguardare possano costare 5 miliardi e gli altri eventuali 55.000 altri 4 miliardi ? Sarebbe come dire che se queste 120.000 persone andranno in pensione con i vecchi requisiti, il risparmio fino al 2018 sarebbe di soli 5 miliardi? E per 5 miliardi fino al 2018 si può avere la responsabilità di aver creato 6 mesi di panico, di sfiducia nelle istituzioni, di disperazione ? Di guerra tra aspiranti pensionati ? No, è evidente che i conti non tornano e che bisognerebbe avere il coraggio di fermarsi e ricominciare ad analizzare e monitorare realmente la situazione. Rimangono gli impegni assunti dal Presidente Monti nel discorso di fine anno nessuno sarà abbandonato e lasciato senza lavoro, senza ammortizzatore sociale, senza pensione. Vogliamo credergli e solo per questo accettiamo anche di votare la fiducia sulla riforma del mercato del lavoro.
Rimane comunque incomprensibile la penalizzazione per le donne: spostare l'età per la pensione di vecchiaia (fino al 31.12.11 requisito 60 anni, dal giorno dopo 62) in modo da creare la rincorsa per cui l'innalzamento è stato repentino, da un giorno all'altro di 5 anni, quando nel 1992 l'innalzamento è stato di 1 anno ogni 2 anni solari, era proprio necessario? Tutto ciò per un risparmio, sempre pag 99 dell'AC 4829, di 157 milioni nel 2013 e 775 milioni nel 2014, crescenti, ma sulla pelle di chi avrebbe goduto entro pochi mesi di una pensione media di 642 euro mensili; perché di questo stiamo parlando, di pensioni basse, che per la singola donna sono un valore inestimabile, ma come risparmio una goccia nell'oceano.
Espongo quindi le seguenti note al decreto ministeriale in attesa di pubblicazione, previsto dal comma 15 dell'articolo 24 Pag. 152 legge 214/2011, si evidenziano le seguenti violazioni in termini di gerarchia delle fonti, qualora dovesse essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale , come da testo su carta intestata del Ministero che sta circolando:
articolo 24, comma 14, della legge n. 214/2011, deroghe con mantenimento dei previgenti requisiti;
lettera a) , lavoratori in mobilità ordinaria a seguito di accordi stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 e che maturano i requisiti pensionistici entro il termine del periodo di mobilità;
lettera b) , lavoratori in mobilità lunga per accordi stipulati entro il 4 dicembre 2011; non è corretto che il decreto preveda arbitrariamente la cessazione dell'attività lavorativa alla data del 4 dicembre 2011; la legge prevede la stipula dell'accordo, non la cessazione del lavoro, pertanto si penalizzano tutti quei lavoratori che pur rientrando in accordi di mobilità hanno cessato l'attività lavorativa, in base all'accordo firmato, dopo il 4 dicembre 2011.
Va segnalato inoltre che ad oggi il Ministro del lavoro non ha ancora emanato, nonostante diverse sollecitazioni sia di parte sindacale che politica, il decreto di copertura per i derogati di cui alla legge n. 122/2010, che non rientravano nei cosiddetti 10.000 lavoratori e che hanno il diritto al pensionamento con i requisiti ante legge n. 122/2010. Ad oggi quindi, i lavoratori che maturano il trattamento pensionistico nel 2012, sono senza alcuna forma di reddito; per il 2011 è stato registrato il numero 63655 il 5.1.12, con il colpevole ritardo del Ministro Sacconi; la Ministra Fornero l'aveva firmato a pochi giorni dalla sua nomina; questo le è stato riconosciuto, ma adesso si è in ritardo sul 2012.
Lettera c), lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà (articolo28 legge n. 662/1996 - bancari, ferrovieri eccetera), nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati prima del 4 dicembre, l'accesso ai predetti fondi di solidarietà. In questo caso il lavoratore rimane a carico del fondo fino al compimento dei 60 anni di età. Pag. 153
Il decreto prevede che per i lavoratori che hanno avuto l'accesso al fondo dopo il 4 dicembre 2011, la permanenza a carico del fondo di solidarietà venga portata fino al compimento di 62 anni di età, anziché, come previsto dalla legge, 60 anni, e non pone distinzioni tra chi ha avuto accesso al fondo prima o dopo il 4 dicembre.
Lettera d), lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione; non si tiene conto della normativa generale sulla prosecuzione volontaria; l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria vale per tutta la vita. È stato il messaggio legislativo di educazione previdenziale per cittadini e cittadine, stimolo a versare volontariamente i contributi nei periodi di inoccupazione per poter godere in futuro della pensione (una legge efficace, non spot televisivi) a questa categoria di cittadini e cittadine salvaguardati dalla legge. Il decreto impone arbitrariamente, (non essendo previsto dalla legge), che non abbiano svolto attività lavorativa nel periodo successivo all'autorizzazione per la prosecuzione volontaria dei contributi e che abbiano accreditato o accreditabile un contributo previdenziale alla data del 4 dicembre 2011 e che maturino la decorrenza del trattamento pensionistico entro 24 mesi dalla data del 4 dicembre 2011; ciò è previsto dalla legge per chi ha risolto il rapporto di lavoro entro il 31.12.11, ma non per i prosecutori volontari ; non si tiene conto neppure delle deroghe previste dalle norme precedenti ed i cui costi erano già stati valutati nei vari provvedimenti. La legge n. 243/2004, all'articolo 1, comma 8 (modificata dalla legge n- 247/2007) in particolare dispone che gli autorizzati alla contribuzione volontaria entro il 20 luglio 2007 debbano mantenere le disposizioni previgenti in materia di pensione di anzianità ; la norma cioè fa un esplicito rinvio alle disposizioni previste in materia di pensione di anzianità in ordine ai requisiti di accesso (35 anni di contributi e 57anni di età) e in ordine alla decorrenza della pensione (finestra trimestrale). Non c'è alcun motivo per ritenere abrogata questa norma eccezionale. Domanda: se un autorizzato alla contribuzione volontaria ha cessato l'attività lavorativa con accordo individuale secondo quanto previsto alla lettera f), rientra nel numero degli esodati? Gli [e » le«] autorizzati alla prosecuzione Pag. 154 volontaria ante decreto legislativo n. 503/92 mantenevano il requisito contributivo per la vecchiaia con 15 anni ?
Stante l'elevazione dell'età prevista dalla legge n. 214 questi soggetti dovrebbero mantenere la deroga sul requisito contributivo. Il relativo dispositivo infatti non è stato abrogato e trattandosi di norma speciale in deroga, appunto, necessitava di un'esplicita rimozione. In conclusione gli autorizzati alla contribuzione volontaria devono essere stralciati dai limiti previsti per i derogati . Essi devono essere derogati in quanto autorizzati alla contribuzione volontaria per la presente norma, ma anche per le innumerevoli norme prodotte in precedenza. Il numero dei potenziali destinatari può essere elevato, ma non si possono calpestare diritti, senza neppure abrogare o sostituire le norme che li garantiscono o li hanno creati, e si dimostra in questo modo che l'inserimento di questa categoria in un limite di spesa, oltre ad apparire un errore, rende la norma ingestibile per l'ente previdenziale e per il ministero a meno che non si intenda modificare la norma stessa, e non certo tramite decreto ministeriale solo attuativo. È curioso che l'ente previdenziale non abbia posto con evidenza la questione degli autorizzati vista la possibile e diversificata platea, che richiede approfondimenti specifici. Gli autorizzati alla contribuzione volontaria per i motivi più vari (cessazione , aspettativa, part-time, assegno ordinario di invalidità, integrativi agricoli, sospensione, lavoro discontinuo), in assenza di un' esplicita disposizione di legge, mantengono tutti potenzialmente il diritto ad accedere con i vecchi requisiti. Il decreto semmai deve occuparsi di come scaglionare gli aventi diritto nel tempo e non come cancellare tale diritto.
Lettera e) , lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 hanno in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1,del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133; ai fini della presente lettera l'istituto dell'esonero si considera, comunque, in corso qualora il provvedimento di concessione sia stato emanato prima del 4 dicembre 2011.
Il decreto anche su questo modifica la legge e anziché l'emanazione del decreto pretende che siano già in posizione di esonero dal servizio alla data del 4 dicembre 2011. Pag. 155
Lettera f) , lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412- ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, a condizione che ricorrano i seguenti elementi: la data di cessazione del rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi, quali le comunicazioni obbligatorie agli ispettorati del lavoro o ad altri soggetti equipollenti, indicati nel medesimo decreto ministeriale; il lavoratore risulti in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011.
Per questa tipologia di deroghe, introdotte con il mille proroghe il decreto prescrive che fermo restando la cessazione del rapporto di lavoro entro il 31.12.2011, non deve esservi stata alcuna successiva rioccupazione in qualsiasi altra attività lavorativa, condizione non prevista dalla legge e che rischia di creare ingiustizie significative.
A tali interpretazioni gravi e restrittive per la platea degli aventi diritto alla salvaguardia dei requisiti previgenti seguono altre criticità che si erano già verificate.
Con la circolare Inps n.35 del 14 marzo 2012 erano già state interpretate le norme in modo restrittivo e in modo non conforme alla legge; la deroga prevista dal comma 14 dell'articolo24 è estesa anche alle lavoratrici che in via sperimentale, fino al 31.12.2015 optano, ai sensi dell'articolo1, comma 9 della legge 23 agosto 2004, n,243, per la liquidazione del trattamento pensionistico di anzianità secondo le regole del sistema contributivo.
Con la suddetta circolare si prevede che lo speciale regime delle donne operante nel periodo 2008-2015, sia consentito solo per coloro che maturano la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31.12.2015 e ciò comporta che potranno fruire della suddetta possibilità già transitoria solo le donne che maturano i requisiti pensionistici entro il 30 settembre 2014, a cui appunto devono aggiungersi 12 mesi di finestra e Pag. 156 3 mesi per l'aspettativa di vita. Occorre ricordare che le finestre di 12 mesi vengono introdotte dalla legge n. 122/2010, articolo 12, solo per i lavoratori e le lavoratrici che accedevano a pensione ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 243/2004. Il regime speciale delle donne è disciplinato dall'articolo 1 comma 9 e pertanto fuori dall'ambito di applicazione delle regole di differimento enunciate. Sarebbe sufficiente una interpretazione autentica che chiarisca che alle donne in opzione non si debba applicare la finestra di 12 mesi e neppure la finestra semestrale introdotta dalla legge 243/2004.
Pensione di vecchiaia e requisito contributivo: la legge n. 214/2011 non ha abrogato il decreto legislativo n. 503/1992 che consentiva l'accesso alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi a coloro che avessero maturato almeno 15 anni di contribuzione entro il 31.12.1992 o avessero avuto a quella data l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria o avessero un'anzianità contributiva di almeno 25 anni con almeno 10 anni in cui risultassero occupati per meno di 52 settimane .
Con la circolare di cui sopra l'Inps sembra portare a 20 anni il requisito minimo contributivo per l'accesso alla pensione di vecchiaia senza che peraltro sia mai stato abrogato il decreto legislativo n. 503/1992. Si tratta ancora una volta di una norma speciale in deroga che necessitava eventualmente di un'abrogazione esplicita, non una modifica con circolare.
Mi sembra importante a questo punto richiamare l'intreccio tra la storia del sistema pensionistico e l'andamento dell'occupazione e le regole del mercato del lavoro. Se fossimo in un periodo di piena occupazione lo spostamento in avanti della possibilità di andare in pensione potrebbe risolversi in un periodo di lavoro aggiuntivo; qualcuno si lamenterebbe, ma si potrebbe affrontare. La tragedia è agire sulle pensioni, far cassa sulle pensioni, in un periodo di grave crisi economica, di mancanza di lavoro, quando, quindi, la pensione viene vista come unica speranza per avere un'entrata che permetta di vivere. La riforma degli ammortizzatori sociali era all'ordine del giorno, ma in un periodo come questo ci sarebbe bisogno di renderli universali, di aumentare gli importi e aumentare la durata, perché la pensione possa essere ritardata, perché la Pag. 157 crisi rischia di lasciare troppa gente senza lavoro, senza ammortizzatore sociale e senza pensione e questo non può essere accettato.
Nel 1898 la previdenza sociale muove i primi passi con la fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia degli operai. Si tratta di un'assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch'esso libero degli imprenditori.
Nel 1919, dopo circa un ventennio di attività, la Cassa ha in attivo poco più di 700.000 iscritti e 20.000 pensionati. In quell'anno l'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia diventa obbligatoria e interessa 12 milioni di lavoratori. È il primo passo verso un sistema che intende proteggere il lavoratore da tutti gli eventi che possono intaccare il reddito individuale e familiare. Nel 1933 la CNAS assume la denominazione di Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e gestione autonoma.
Nel 1939 sono istituite le assicurazioni contro la disoccupazione, la tubercolosi e per gli assegni familiari. Vengono, altresì, introdotte le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto. Il limite di età per il conseguimento della pensione di vecchiaia viene ridotto a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne; viene istituita la pensione di reversibilità a favore dei superstiti dell'assicurato e del pensionato.
Nel 1952, superato il periodo post-bellico, viene introdotta la legge che riordina la materia previdenziale: nasce il trattamento minimo di pensione. Lo Stato si rende conto che con la pensione si deve poter vivere e che guerre e difficoltà economiche possono aver portato ad avere contributi insufficienti per una pensione equa.
Nel periodo 1957-1966 vengono costituite tre distinte Casse, per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, per gli artigiani e per i commercianti.
Nel periodo 1968-1969 il sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni percepite, sostituisce quello contributivo nel calcolo delle pensioni. Nasce la pensione sociale. Viene cioè riconosciuta ai cittadini bisognosi che hanno compiuto 65 anni di età una pensione che soddisfi i primi bisogni vitali. Vengono predisposte misure straordinarie di tutela dei lavoratori (Cassa Pag. 158 integrazione guadagni straordinaria e pensionamenti anticipati) e per la produzione (contribuzioni ridotte e esoneri contributivi). È del 1971 anche il decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre, n. 1432 che ha riordinato completamente la materia della prosecuzione volontaria, raccogliendo e coordinando in modo organico le norme precedenti e costituisce ancora oggi la norma di riferimento.
Non a caso si tratta degli anni delle grandi mobilitazioni del movimento dei lavoratori e delle donne: è del 1970 lo statuto dei lavoratori, è del 1971 la legge a tutela della maternità che prevede la non licenziabilità delle donne in gravidanza e fino ad un anno dopo la nascita e prevede l'erogazione dell'indennità per maternità; è la dimostrazione che le norme previdenziali si adeguano all'entrata delle donne in modo sempre crescente nel mondo del lavoro. Nel 1977 la legge di parità di retribuzioni tra uomini e donne (ma è ancora lontana, purtroppo, la reale applicazione). Nel 1978 la grande riforma sanitaria, il diritto all'assistenza sanitaria come diritto di cittadinanza e non solo legata al lavoro, all'essere o meno occupato o lavoratore autonomo.
Nel 1980 viene istituito il Sistema Sanitario Nazionale. Sono affidati all'INPS la riscossione dei contributi di malattia e il pagamento delle relative indennità, compiti assolti in precedenza da altri enti.
Nel 1984 il legislatore riforma la disciplina dell'invalidità, collegando la concessione della prestazione non più alla riduzione della capacità di guadagno, ma a quella di lavoro. Anche questa è stata una grande modifica che ha tenuto conto delle modificazioni nella società e nelle regole del mercato: fino alla legge n. 222/84 si consideravano le condizioni socioeconomiche del territorio in cui il lavoratore, la lavoratrice lavorava e quanto in quel territorio la situazione di invalidità che si presentava riduceva la capacità di guadagno quindi si verificavano le possibilità occupazionali e di reddito con cui avrebbe potuto vivere la persona che si trovava in situazione di invalidità. Il passaggio dal concetto di verifica della riduzione di un terzo della capacità di guadagno alla verifica di possibilità o meno di poter lavorare e nella condizione di inabilità liquidare la pensione come se il lavoratore o la lavoratrice avesse lavorato fino alla maturazione della pensione Pag. 159 di vecchiaia è stata la dimostrazione reale dell'intervento previdenziale in una società in cui il lavoro è il mezzo per poter vivere e che deve garantire anche una vita da anziani e/o da invalidi con una pensione dignitosa.
Nel 1989 entra in vigore la legge di ristrutturazione dell'INPS, che rappresenta un momento di particolare importanza nel processo di trasformazione dell'ente in una moderna azienda di servizi; è stata la prima legge che ha cercato di separare la previdenza dall'assistenza, proprio per poter capire e monitorare costantemente l'equilibrio delle gestioni.
Nel 1990 viene attuata la riforma del sistema pensionistico dei lavoratori autonomi. La nuova normativa, che ricalca per vari aspetti quella in vigore per i lavoratori dipendenti, lega il calcolo della prestazione al reddito annuo di impresa.
Nel 1992 l'età minima per la pensione di vecchiaia viene elevata a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne; per la pensione di anzianità si alza il requisito da 35 anni a 40, ma con gradualità, la gradualità che abbiamo richiesto anche per il salvaitalia.
Nel 1993 viene introdotta in Italia la previdenza complementare, che si configura come un sistema volto ad affiancare la tutela pubblica con forme di assicurazione a capitalizzazione di tipo privatistico.
Nel 1995 viene emanata la legge di riforma del sistema pensionistico (legge Dini) che si basa su due principi fondamentali: il pensionamento flessibile in un'età compresa tra i 57 e 65 anni (uomini e donne); il sistema contributivo, per il quale le pensioni sono calcolate sull'ammontare dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa, anche questo passaggio con gradualità.
La Ministra Fornero ha operato una reale riforma strutturale : calcolo contributivo per tutti dal primo gennaio 2012. Su questo si è registrato un consenso unanime, ma sull'abrogazione delle quote altrettanto unanimemente tutti si sono espressi negativamente, tutti gli interventi qui in aula il 20 giugno lo hanno ampiamente motivato. Vanno tenuti in considerazione in particolare gli interventi di esponenti che sostengono l'attuale Governo, ma che sono stati fortemente critici; li cito in ordine di intervento: gli onorevoli Cazzola, Pag. 160 Damiano, Nedo Poli, Muro e il presidente della Commissione lavoro onorevole Moffa; il Governo e la Ministra devono tener conto di queste posizioni.
Nel 1996 diviene operativa la gestione separata per i lavoratori parasubordinati (collaboratori coordinati e continuativi, professionisti non iscritti ad altra previdenza obbligatoria e venditori porta a porta) che fino a quella data non avevano alcuna copertura previdenziale. Questa è stata un'altra dimostrazione molto significativa della capacità del sistema previdenziale di rispondere alle modifiche del mondo del lavoro: non esistevano più solo il lavoro dipendente o autonomo o professionale, ma tante altre forme di possibili lavori e quindi si è creata la gestione separata per permettere a tutti di avere una previdenza pubblica obbligatoria che porti alla pensione!
Nel 2003 sono stati approvati la legge e il conseguente decreto legislativo che hanno dato vita alla riforma del mercato del lavoro, ispirata alle idee e agli studi del professor Marco Biagi, anche se interpretati dal Ministro in carica.
Nel 2004 è stata approvata la legge delega sulla riforma delle pensioni. La maggior parte delle novità introdotte dalla riforma saranno operative dal 2008 , mentre è entrato subito in vigore il provvedimento relativo all'incentivo per il posticipo della pensione.
Nel 2007 viene approvata una legge che modifica nuovamente i requisiti richiesti per l'accesso al trattamento pensionistico e le finestre di uscita dal lavoro. Tra i punti salienti della riforma la revisione automatica dei coefficienti di trasformazione che incidono sul calcolo della pensione e l'introduzione, a partire dal 2009, del cosiddetto »sistema delle quote« in base al quale il diritto alla pensione di anzianità si perfeziona al raggiungimento di una quota data dalla somma tra l'età anagrafica minima richiesta e l'anzianità contributiva; si era già arrivati all'età anagrafica minima, ma si sono salvaguardati i lavoratori che erano in mobilità, in prosecuzione volontaria, con chiare regole!
Nel 2009 una nuova legge di riforma dispone che i requisiti di età per ottenere la pensione vengano adeguati all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istat. La diffusione del nuovo strumento dei buoni lavoro per il pagamento del Pag. 161 lavoro occasionale accessorio e nuove norme e sinergie istituzionali rafforzano il ruolo dell'Istituto nel contrasto al lavoro nero e nel recupero dei crediti contributivi.
Nel 2010 vengono adottate ulteriori misure dichiarate »per stabilizzare il sistema pensionistico« a dire il vero già stabilizzato con tutte le riforme precedenti; a conferma di ciò si possono anche rileggere le relazioni annuali del Presidente Mastrapasqua alla Camera sul bilancio annuale dell'Inps. Viene confermato e accelerato il meccanismo di adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita e viene introdotta una finestra »mobile« per l'accesso alla pensione in sostituzione dei precedenti termini di decorrenza, 12 mesi per tutti i lavoratori e le lavoratrici privati e pubblici e 18 mesi per autonomi e chi si ritrovava ad utilizzare la liquidazione della pensione in totalizzazione. La legge n. 122/2010 ha anche reso onerose tutte le ricongiunzioni anche verso l'Inps, ma siamo ancora in attesa di risolvere ciò che era già stato riconosciuto come errore in quest'aula il 27 luglio del 2011.
La prosecuzione volontaria merita una particolare attenzione e va considerata come argomento a sé, la sua istituzione dimostra la serietà di un paese che invita cittadini e cittadine a tener conto che si vivrà anche dopo la fine del lavoro e che si deve pensare alla pensione durante tutta la vita. La possibilità di prosecuzione volontaria è il vero messaggio educativo, non gli spot televisivi che ci sono stati presentati il 29 maggio alla Camera in occasione della relazione annuale sul bilancio dell'Inps; la prosecuzione volontaria è ricordare a cittadini e cittadine che nei periodi di inoccupazione devono pensare alla pensione e versare i contributi; per incentivare questa scelta responsabile verso il futuro la legislazione ha sempre garantito sicurezza e vantaggi a chi si era ritrovato costretto a far domanda di prosecuzione volontaria perché aveva perso il lavoro o per tante altre situazioni particolari e personali che nella vita possono accadere. La prima legge che non ha riconosciuto il diritto alla salvaguardia dei requisiti previgenti è stata la n. 122/2010 che ha applicato a tutti i lavoratori dipendenti la finestra di 12 mesi e agli autonomi di 18 mesi per la decorrenza del trattamento pensionistico dopo la maturazione dei requisiti senza esentare i prosecutori volontari, il salva Italia ha posto tra i salvaguardati chi ha fatto Pag. 162 domanda di prosecuzione volontaria entro il 4.12.11, ma il decreto ministeriale applicativo ha introdotto limiti aggiuntivi non previsti dalla legge; per fortuna il decreto ministeriale non è ancora stato pubblicato quindi forse qualcuno si è accorto che un decreto applicativo deve applicare la legge cui si riferisce e non inventare nuovi requisiti.
La disciplina della prosecuzione volontaria, introdotta nell'ordinamento previdenziale quasi contemporaneamente all'obbligo del versamento contributivo, ha subito nel corso degli anni numerose e profonde modifiche.
Il decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1432 ha riordinato completamente la materia della prosecuzione volontaria, raccogliendo e coordinando in modo organico le norme precedenti e costituisce ancora oggi la norma di riferimento.
Le innovazioni più rilevanti introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1432, entrato in vigore in data 1.7.1972, hanno riguardato: l'introduzione del versamento dei contributi volontari a mezzo bollettini di c/c postale, con scadenza trimestrale, in sostituzione del precedente sistema di versamento con marche da applicare su tessere assicurative rilasciate dall'Inps; la completa parificazione dei contributi volontari a quelli obbligatori; la validità dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria sino al momento del pensionamento senza decadenza dall'autorizzazione concessa in caso di mancato versamento dei contributi volontari.
La Legge 18 febbraio 1983, n. 47, entrata in vigore il 12.3.1983, ha modificato i requisiti per il rilascio dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria e ha sancito il principio che non consente di effettuare i versamenti volontari per i periodi durante i quali l'assicurato è iscritto ad una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi ovvero a casse od enti comunque denominati che gestiscono forme di previdenza per i liberi professionisti.
Il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, entrato in vigore in data 12.7.1997, emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, contiene le norme che attualmente disciplinano i requisiti per la prosecuzione volontaria. La nuova disciplina, Pag. 163 peraltro, come espressamente previsto dall'articolo 9 non si applica alle domande presentate in data anteriore all'entrata in vigore del decreto legislativo.
Il decreto legislativo n. 184/1997 ha esteso le disposizioni prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1432/1971 e dalla legge n. 47/1983 ai lavoratori iscritti: ai fondi sostitutivi ed esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria, abrogando in tal modo tutte le norme che disciplinavano la concessione dell'autorizzazione ai versamenti volontari nei singoli Fondi; alla gestione separata introdotta dall'articolo 2, comma 26 della legge n. 335/95.
Il decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278, disciplina i requisiti per il rilascio dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, integrando e modificando quanto già previsto dal decreto legislativo 30 aprile 1987, n. 184.
Improvvisamente sembra che tutta la significativa storia della prosecuzione volontaria con l'elevato significato di sicurezza sociale che ha sempre rappresentato sia messa in discussione da un decreto ministeriale che non rispetta neanche la legge di cui dovrebbe essere applicazione.

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