INTERPELLANZA Con cortese richiesta di risposta scritta c.a. Sindaco D’Amico
Oggetto: richiesta per azioni sul sito industriale Nokia-Siemens Jabil
Il giorno martedì 5 giugno u.s. è stato concordato un protocollo tra Comune, Provincia e Regione che ha espresso l’intenzione di mantenere, negli strumenti di programmazione urbanistica, l’attuale destinazione produttivo-industriale per l’area dello storico sito industriale, oggi di proprietà Nokia-Siemens. Questo passo, reso possibile dalla lotta indefessa messa in atto dal Presidio dei Lavoratori Jabil, se portato a compimento con la stipula delle firme, sarebbe sicuramente interessante. Ma, come abbiamo affermato molte volte dall’inizio di questa vertenza, purtroppo non sufficiente.
L’azione delle istituzioni infatti potrà risultare efficace solo quando applicheremo un principio che i lavoratori impegnati nella lotta di resistenza stanno trasmettendo: la fabbrica è un patrimonio collettivo. L’elevata competenza che ha caratterizzato la fabbrica nei decenni passati e che andava dalla ricerca, alla progettazione, alla prototipazione fino alla realizzazione in serie degli apparecchi elettronici, infatti, non è patrimonio di un marchio (peraltro mutato molteplici volte), ma di un’intera società civile che ha saputo prima di tutto preparare e sostenere i lavoratori in tutti i settori, e che ha trovato nei lavoratori persone che nella fabbrica hanno virtuosamente creato ulteriore sapere, coscienza di sé e senso di appartenenza ad una collettività, di fabbrica e sociale contemporaneamente. L’etica del lavoro, che i lavoratori esprimono ancora oggi per tramite di quel presidio di lotta è l’etica dell’adesione costruttiva, partecipativa e libera di quegli uomini e quelle donne alla società nel suo complesso, che realizza quanto prescritto dalla Costituzione, art.1 "L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". È questo sapere, questa coscienza di sé quest’etica del lavoro che si sono impressi nella produzione e nei prodotti, e ha reso la fabbrica nota nel mondo e ricca per chi ne ha detenuto la proprietà.
Per queste ragioni la società nel suo complesso e le istituzioni che la amministrano non possono chiamarsi fuori dal contendere: lo svuotamento di quell’azienda colpisce direttamente e interiormente la vita sociale. Il ragionamento si rinforza se si considera che altre realtà simili si stanno purtroppo manifestando un po’ ovunque nel nostro Paese: fatto che suggerisce quasi l’idea di una azione coordinata dei grandi gruppi industriali e che rischia di lasciare solo macerie dove prima c’era produttività. La società non può non tutelare il suo patrimonio produttivo. Anche il Comune quindi deve giocare il proprio ruolo fino in fondo.
Abbiamo perciò avanzato in passato tre proposte che, se attuate, possono perseguire questo obiettivo, e sulle quali chiediamo aggiornamenti.
- 1. Il Comune deve cercare di avere un ruolo nella proprietà degli immobili: bisogna impedire compravendite non finalizzate al rilancio immediato del sito produttivo. Il Comune ha inoltre sulla base della Legge 12/2005 la possibilità di ottenere la proprietà degli immobili.
- destini sono patrimonio collettivo, l’Amministrazione è coinvolta, e deve prendere parte nei processi.
- 3.
- 4.
Per Cittadinanza&Cambiamento cons. Alessandro Patella
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